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Autore Topic: ASHES OF THE WAR: special III - RIDDEN & HEEL  (Letto 2211 volte)
matte
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« il: 07 Aprile 2008, 22:53:20 »

Prima parte (di non so quante...)

A quel che si diceva, quel palazzo apparteneva ai Von Deikun dalla sua fondazione. E poco importava – poco importava realmente, che per quasi settant'anni nessuno di quell'antica famiglia ne avesse varcato la soglia. Poco lontano dallo Charlottenburgsschlöss, la residenza regale di Charlottenburg, era stato miracolosamente risparmiato dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale e, negli anni seguenti, era stato riadattato per ospitare alcuni uffici dell'amministrazione cittadina di Berlino Ovest. In compenso, quei barbari americani non avevano osato sfiorare ciò che la guerra aveva risparmiato, ed i meravigliosi affreschi che ornavano le pareti, con i loro azzurri ricolmi di turchese, ed il loro rosso vivo ed acceso – come se un fuoco bruciasse all'interno di quei dipinti.
“Urca...” pensò Johan Ridden solcandone l'ingresso, come sempre preceduto dai suoi enormi piedi. Certamente la modestia non era mai stata una dote dei Von Deikun...
“Desidera, Signore?” gli chiese un sottufficiale nella divisa azzurra dell'attendenza. Ridden, che sempre più si sentiva a disagio, fra quegli antichi palazzi e quelle meraviglie dell'arte, si passò una mano fra i capelli biondicci ed arruffati.
“Ah sì... sono l'Hauptmann Johan Ridden: credo che l'Hauptsturmführer von Deikun mi stia aspettando...”
In effetti, era stato proprio Kaswal ad invitarlo, e non più tardi di quella mattina.
“I' muss mit dir sprechen - Char” il suo laconico messaggio sul cellulare. “Devo parlare con te – Char”.
Appena liberatosi dalle grane del ministero della Marina, eccolo lì.
“Capisco, signore... in effetti, l'Hauptsurmführer sarà lieto di accoglierla. Secondo piano, prima scala a destra.”
Ridden obbedì: seguendo le istruzioni ricevute, si diresse al secondo piano della costruzione. Gli occhi rivolti verso l'alto, continuava a scrutare gli affreschi – che in effetti erano stati restaurati pochi mesi prima che la guerra scoppiasse. Rapito da quelle immagini ricolme di eroi dai corpi tanto perfetti da non essere umani, e di eroine dalle membra molli e voluttuose, le une e gli altri belli, biondi ed inconfondibilmente ariani – qualunque cosa ciò realmente significasse, incespicò un paio di volte nei suoi stessi immensi piedi.
A metà della monumentale scalinata, tuttavia, i suoi sensi furono rapiti da un altro ed ancor più affascinante stimolo. Sugli occhi, sulle immagini e sui colori prevalse il suono. Una musica soffusa, e pian piano sempre più netta e ben distinta – il canto di un violino.
“Char!” pensò, mentre i suoi passi si facevano sempre più veloci, richiamato da quel canto ricolmo di un fascino magnetico ed irresistibile.
Non c'era bisogno che qualcuno gli dicesse dove andare, e quale strada seguire: quella musica, l'inconfondibile marchio di Kaswal, era la sua guida che stava cercando. E lo seguì, mentre la sua mano diffondeva quelle note impossibili per chiunque altro, degne del miglior professionista, o forse anche migliori – perché esse possedevano il colore della malinconia. Quella strana, indefinibile sensazione che Kaswal sapeva trasmettere, qualunque composizione affrontasse. Ricordava ancora, Johan, di quando un sedicenne Kaswal aveva suonato la “Primavera” alla sua festa di compleanno ... per la prima volta in tutta la sua vita, Johan Ridden aveva intuito che persino nel trionfo della vita si nascondesse la malinconica certezza che quella gioia sarebbe presto terminata, e che per quanto Primavera brillasse nell'aria e trionfasse sui campi e tappezzati di fiori, e nella scintillante luce di Aprile e di Maggio, ben presto quella sinfonia si sarebbe spenta nell'affannoso caldo dell'Estate, e nel vento freddo dell'Autunno. Finché una fredda coltre di morte avrebbe portato il silenzio su tutta la Terra...
Ecco, quella era la musica di Kaswal von Deikun.
Ridden arrivò alle stanze di Kaswal proprio quando la Cometa Rossa deponeva lo strumento, dando un istante di requie al proprio braccio destro, non ancora completamente guarito.
La porta era socchiusa, e Johan l'intravide agitare il braccio intorpidito dallo sforzo di quella musica. Bussò, e Kaswal – intravedendone il corpo gigantesco attraverso i battenti, l'accolse con uno scintillante sorriso.
“Johan! Ti stavo aspettando!” lo salutò, abbracciandolo con tutto il freddo calore di cui era capace.
“Kaswal, sapessi quanto piacere mi fa vederti – di nuovo sano!”
Esclamò, slacciandosi dal suo abbraccio e stringendo la sua mano. Con la coda dell'occhio, intravide un giovane lungo e pallido, seduto in un angolo della stanza. Lentamente, si stava alzando in piedi per salutarlo. Invece dell'Hitlersgrüss, gli porse la destra – come si usava, sulla Terra, e come anche nel Reich talora ancora si soleva, e non solo fra amici.
“Permettimi di presentarti un  nuovo amico...” disse Kaswal, indicando il giovane dai capelli lunghi e nerissimi.
“... Hauptmann Kaspar Heel, è un piacere conoscerla di persona, Hauptmann Ridden.”
Il giovane indossava la divisa nera con le rune del lupo: era un membro delle Waffen-SS, come Kaswal. Ma c'era qualcosa di strano – qualcosa che rendeva la sua divisa in qualche modo anomala.  In effetti, nonostante il taglio generale fosse in qualche modo famigliare – parecchi dettagli la rendevano inconsueta. Un nuovo corpo, od un nuovo distaccamento agli ordini di Cecilia Zabi?
“Kaspar è stato appena nominato comandante della nuova Schützpanzerträger appena completata, che è stata integralmente assegnata alle Waffen-SS.”
Tutto chiaro: l'appena completata Albrecht von Wallenstein, l'interpretazione del Reich delle Corrazzate federali. E, soprattutto, la prima unità di quelle dimensioni e di quella potenza di fuoco alle dirette dipendenze della Feldherrin Cecilia... Comprensibile che Kaswal tanto ci tenesse a presentare il “nuovo amico” al “caro vecchio Johan”.
“Cosa preferisci, Johan? Sempre il solito cognac?”
“Ah... no, grazie Kaswal. Sono ufficialmente ancora in servizio. E non vorrei – beh, lo conosci il mio comandante, il maggiore Mariendorf. Se mi becca anche soltanto un po' alticcio – beh, posso scordarmi di tornare a bordo di un MS fino all'anno prossimo.”
Kaswal sorrise – era contento che Johan fosse arrivato. Non sapeva perché, ma sin dal primo giorno in cui si erano conosciuti, soltanto quel giovane grande e grosso, apparentemente impacciato come il proverbiale elefante nel mezzo dell'ancor più proverbiale cristalleria riusciva a risvegliare quella dolce sensazione di calore...
“Su, su... a Mariendorf ci penso io. Ripeto la domanda: cognac o brandy?”
Ridden sospirò: inutile opporsi a Kaswal von Deikun, anche in quelle cose.
“Brandy... oggi sono in vena di brandy.”
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