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Autore Topic: Ultimate Century - Schede personaggi  (Letto 6371 volte)
matte
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« il: 25 Luglio 2007, 18:01:03 »

Ciao a tutti

sfruttando una giornata di tranquillo non lavoro (ovverosia, starei lavorando, ma ho tempi morti interminabili), vorrei iniziare a presentarvi le nuove schede personaggi

Signore e Signori...

"Correva l'Anno - Edizione Speciale: Gli Eroi della Federazione"

"Gli anni compresi fra il 2015 ed il 2045 segnano la nascita e l'ascesa della Federazione terrestre. Anni difficili e travagliati, segnati dalle prime due guerre coloniali, e dalla relative devastazioni. Dalle quali la Federazione uscì vincitrice grazie al coraggio dei suoi uomini, alla capacità dei suoi politici, ed alla volontà di tanti uomini, in tutto il mondo. Fra questi, alcuni di essi sono passati alla storia come 'Gli Eroi della Federazione'. Questa serie di Correva l'Anno è dedicata a loro...

questa sera... HAMAN KHARN

Nome: Haman Clarissa* Kharn
Luogo e Data di Nascita: Alessandria d'Egitto, 11. Aprile 2017
Soprannomi: "La Regina Bianca" (Die Weisse Koenigin), "La Dea della Vittoria in Battaglia" (Die Goettin der Schlachtsieg)

Haman Kharn nasce l'11. Aprile del 2006 da una ricca famiglia di origine norvegese. Il padre, Lars Donovan, futuro presidente della Federazione terrestre, si trova in Egitto per trattare alcuni affari legati alla commercializzazione ed alla vendita del petrolio. La madre, Johanna Rivas, è al sesto mese di gravidanza: la nascita del bambino coglie tutti di sorpresa, durante una visita alla grande piramide di Cheope. Vuole la leggenda, che i primi vagiti di Hamarn siano risuonati nella camera sepolcrale del grande faraone. Ma, forse, si tratta solo di una leggenda...

Le prime settimane sono terribili, ed Hamarn viene data per spacciata almeno tre volte. La neonata si riprende, nella sorpresa generale, e diventa una bambina bella e vivace, con un'intelligenza che si dimostra da subito fuori della norma.

Sta conducendo un'infanzia assolutamente normale, negli agi e nel lusso consentitole dalle ricchezza della sua famiglia... quando, il 15. Aprile del 2015, il mondo viene sconvolto dall'esplosione della prima guerra coloniale.

Al termine della guerra, la famiglia Kharn sfrutta l'occasione delle grandi ricostruzioni. Il padre, creato un gruppo di clientele e di supporto, viene eletto nel Parlamento Federale dove si segnala per onestà e competenza. Allo scadere del mandato del presidente Miller, è lui ad essere eletto e proclamato secondo presidente della federazione terrestre, il 7. Gennaio del 2022.

Uno dei primi atti del Kharn politico è inviare la sedicenne Hamarn a studiare nelle migliori scuole coloniali, ed in particolare nella università Thomas e Golo Mann, titolo che nasconde l'antica PWHS, la più elitaria delle scuole politiche del Reich.
Una scelta di chiarissimo significato politico, ma che contribuisce alla creazione del mito della "Regina bianca", la "Weisse Koenigin". Hamarn, intelligente ed aperta, impara rapidamente l'Ausserdeutch, il dialetto tedesco parlato nelle colonie, e si adegua a tutti gli usi e costumi coloniali. In particolare, celeberrimo è il suo incontro con i MS...

Durante il regime nazista, la Reichsjugend aveva organizzato una festa molto particolare, che recuperava forme e rituali dall'iniziazione dei guerrieri sassoni e longobardi, il cosiddetto "albero di Sigfrido". I migliori giovani, che avevano imparato l'impiego dei MS ad uso civile nel corso delle attività scolastiche e parascolastiche, dovevano sfidarsi in una specie di corsa in un campo di asteroidi fino a raggiungerne uno chiamato "meta", sul quale si trovava un particolare trofeo (una bandiera del Reich prima della guerra, in seguito una delle federazione). Il primo ad arrivare aveva il diritto di afferrarlo, ed il dovere di raggiungere la linea di arrivo, che veniva indicata solo in quel momento, difendendosi dagli attacchi dei rivali - cui era concesso praticamente tutto.
Hamarn, al compimento dei 17 anni, chiese di partecipare al Siegfriedsbaum come i suoi coetanei coloniali. Per l'occasione, impiegò un veicolo da lavoro tipo "Hashimmar" rielaborato dall'amica di sempre, Miriam Miranda ( wink ), completamente bianco. Non solo Hamarn arrivò prima alla meta, ma difese la preda con tanta decisione ed abilità da impressionare tutti i rivali. Che, per celebrarla, presero a chiamarla "Die weisse Koenigin", la Regina bianca.

Negli anni seguenti, Hamarn si diplomò in Scienze Politiche summa cum laude, ricevendo l'offerta di entrare nel corpo insegnante. Onore precedentemente toccato al solo Reichsfuehrer Gihren Zabi. Onore che lei rifiutò, sentitamente.

All'inizio degli anni '30, la ventiquattrenne Hamarn fu trascinata nei dolorosi eventi della Seconda Guerra Coloniale. Entrata nel corpo di Phantom Pain, combatté in prima persona le armate dei Profeti del Messiah, venendo decorata più e più volte per il coraggio dimostrato. Conquistandosi il titolo di "Dea della Vittoria in battaglia", affettuosamente riconosciutole dai compagni d'arme. Questi ultimi presero, letteralmente, ad idolatrarla. Si racconta che, durante la guerra, i piloti di MS (in gran parte maschi) rendessero la vita molto difficile alle compagne dell'altro sesso. Tranne Hamarn. Le pesanti battute dei circoli militari non potevano sfiorarla: in caso contrario, una mano anonima avrebbe prontamente spezzato le gambe a chiunque avesse osato tanto.
Conscio della presa magnetica che la giovane, bella ed intelligente Hamarn sapeva stringere, Revil - malato e morente, la scelse come erede alla guida dell'esercito federale. Sommando così il ruolo di guida politica - il governo di unità nazionale proclamato dopo la morte in attentato del padre Donovan Kharn l'aveva già eletta "rappresentate plenipotenziario del governo federale terrestre" - a quello di guida politica.

Durante la battaglia finale delle Grotte di Marte e del monte Olympus, Hamarn si scontrò personalmente con il più celebre pilota di tutti i tempi, Amuro Rey escluso - Kaswal von Deikun. Riuscendone vincitrice. Dopo quell'occasione, la "Dea della Vittoria in Battaglia" depose le sue armi ufficialmente, in una cerimonia toccante fra le vie di Roma. Al culmine dell'annuale processione celebrativa della fine della Guerra, Hamarn, appena rientrata da Marte, fermò il suo bianco Sazabi davanti al cosiddetto "Altare della Federazione" (l'antico Altare della Patria), inginocchiandolo. E lì lo lasciò. Nessuno osò mai spostarlo, costruendo intorno ad esso una specie di recinto monumentale ed una cupola di vetro e cemento diventata una rinomata attrattiva artistica della capitale.

Hamarn Kharn fu presidente della federazione dal 2035 al 2065, per oltre trent'anni che sarebbero passati alla storia come "l'età dell'oro della Federazione", aprendo la serie dei cosiddetti "Sette Presidenti Illuminati". Morì senza eredi ufficiali. Aveva avuto un figlio, poco più che sedicenne, all'epoca della vita fra le colonie. Una situazione molto frequente, data l'estrema promisquità ancora molto diffusa negli anni successivi la Prima Guerra Coloniale. Tuttavia, proprio com'era usanza delle Colonie e delle madri troppo giovani che su di esse troppo spesso si trovavano, l'aveva dovuto consegnare ad uno dei Kinderheim locali. I suoi tentativi di ritrovarlo furono inutili. Un dolore profondo, che nascose sempre nel profondo del suo cuore - anche quando le ferite riportate nel corso della battaglia finale di Marte segnarono il suo corpo ed il suo ventre imponendole la sterilità.
Evento che la spinse ad abbandonare il compagno del tempo, Hans Peterhansel: da allora, benché alcuni osassero sussurrare, non sono noti ulteriori suoi amanti, di qualsiasi sesso.
"Conscia che il suo ventre non l'avrebbe mai più resa madre," scrisse Miriam Miranda, "decise di diventare la madre di tutti gli uomini..."
E fu così. La correttezza, l'onestà, la competenza - ma soprattutto la bontà, persino la dolcezza dell'antica "Regina Bianca" divennero proverbiali, leggendaria come e quanto la sua antica abilità di guerriera. Se la Terra e la sfera terrestre si ripresero dalla Seconda Guerra Coloniale, non dubita nessuno sia stato merito quasi esclusivamente suo.

Quando morì, pianta da miliardi di persone, uccisa da una maligna forma di neoplasia mammaria, il suo funerale attirò a Roma più di quindici milioni di pellegrini - più di quanti mai fossero giunti a Roma in un così breve periodo di tempo. Si racconta che alcune persone, tanto scosse dall'evento, si uccisero al culmine di violente autoflagellazioni "non sopportando di vivere in un mondo senza Hamarn Kharn".

In rispetto dell'amore popolare, il pontefice del tempo, Clemente, le tributò un onore unico per una donna: essere tumulata sotto la cupola di San Pietro, a fianco dei più grandi pontefici del passato. "Salutiamo oggi nostra sorella, che scelse di farsi madre per tutti noi... " disse papa Clemente in tale circostanza. Unica donna fra i papi da quando San Pietro era stata fondata, quasi duemila anni prima. Pochi anni dopo, benché la sua fede cattolica non fosse mai stata realmente confermata, iniziavano le procedure di beatificazione...


(* omaggio all'unica donna che abbia mai conosciuto per la quale sarei pronto a fare follie)
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matte
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« Risposta #1 il: 27 Luglio 2007, 12:10:40 »

Ladies and Gentlemen...

Shiro Amada (Narita, Giappone 6. Luglio 1990 - Napoli, 31. Dicembre 2089)

Nome di battaglia: Ikki (= qualcosa di lucente)

Soprannome: il Gemello pietoso del dio della battaglia

Shiro Amada (o per meglio dire, Amada Shiro, come preferiva essere chiamato) vanta un record del tutto particolare. Di tutti gli eroi della Prima Guerra Coloniale fu quello a vivere più a lungo, morendo a 99 anni per complicanze di una polmonite.

Shiro fu il terzogenito (una vera rarità per quei tempi) di Shin'ichi Amada, ultimo discendente di una celebre famiglia di samurai. Il nonno, Akira, aveva combattuto la seconda guerra mondiale come pilota di caccia dell'Imperiale Marina Giapponese. Celebre per la sua sentita e ferma opposizione agli "attacchi speciali" - ovverosia, gli attacchi kamikaze, era stato portato di fronte alla corte marziale con l'accusa di alto tradimento. In virtù dei meriti precedentemente acquisiti, gli fu comunque lasciata la scelta se accettare la condanna o darsi la morte con le proprie mani. Scelse la seconda, salvando così l'onore della famiglia.

Quando Shiro decise di entrare nell'aviazione delle forze di Autodifesa, la nonna Michiru fu l'unica ad appoggiare incondizionatamente la sua decisione, rivedendo in lui l'immagine speculare dell'amato e deceduto sposo.
Ripetutamente migliore del suo corso, Shiro era stato assegnato ai nuovissimi F22 di produzione americana quando, nell'Aprile 2015, il mondo fu investito dall'Operazione Klausewitz. Incaricato di sorvegliare il devastato territorio cinese, fu il primo pilota ad abbattere caccia del Reich, guadagnandosi così una medaglia di servizio, e l'immediato trasferimento al progetto V, appena riattivato dal Generalissimo Revil.

Il resto della storia è ben noto: sottopostosi in urgenza a trattamento con nanomacchine, insieme ai futuri assi Kay Sheedan ad Amuro Rey, permise alle 3 corazzate classe Pegasus (WB, Albion e Pegasus) di ripartire da Okinawa con il personale ed il materiale del progetto, in particolare con i 18 MS classe Gundam appena completati.
Separato dalla WB, danneggiata al reattore principale durante un attacco nemico, dall'insorgere di una tempesta tropicale, Shiro - imbarcato sull'Albion insieme al compagno di sempre Kou Uraki, si offrì volontario quando, nei mesi seguenti, il generale Revil organizzò l'operazione di intercettazione e salvataggio della corazzata.

Ricongiuntisi con la WB, le due corazzate furono impegnate in durissime battaglie fino al raggiungimento del confine federale, grossomodo corrispondente all'antica Rhodesia. Durante l'ultima battaglia, il suo RX78b fu gravemente danneggiato e dato per disperso. Nelle settimane seguenti, Amuro Rey e Kou Uraki, sfruttando i tempi morti delle riparazioni della WB, cercarono disperatamente di recuperarlo.

Quando lo ritrovarono, Shiro si trovava in un ospedale, in Uganda, dove serviva sotto falso nome come infermiere improvvisato. La dinamica degli eventi non è chiarissima: dichiarerà in seguito, al Secondo Processo di Norimberga, che - fatto saltare il Gundam per impedire ai Nazisti di impossessarsene, aveva vagato per giorni attraverso le savane e le foreste, arrivando - disidratato, febbricitante, devastato dalla malaria - ad un ospedale gestito da missionari laici e religiosi, nella regione di Kampala. Lì, durante la convalescenza, aveva maturato la decisione di abbandonare le armi, dedicandosi ad un altro genere di battaglia. Una scelta che non sorprese nessuno di chi lo conosceva - nemmeno il suo acerrimo rivale Anavel Gato che, a sua volta rimasto preda di una grave forma di malaria durante il suo inseguimento, aveva cercato riparo proprio nell'ospedale di Kampala, conoscendolo personalmente.
In seguito, Gato sarà salvato dalla fucilazione per crimini di guerra proprio da Shiro Amada che, non reclamato dai compagni d'arme e quindi dato per disperso fino alla conclusione del conflitto, ricomparirà proprio in occasione del processo testimoniando a favore del Gran Maestro dell'Ordine di Thule.

Durante la permanenza a Kampala, Shiro si innamorò - ricambiato di una giovane donna di origine olandese, Katrin Kenbrik. All'epoca, novizia presso un ordine religioso. La loro relazione, soffocata finché fu possibile, esplose provocando un discreto scandalo nella piccola comunità quando la Kenbrik decise di rinunciare al velo.

Dall'unione nacquero 3 figlie, che per scelta di Shiro portarono il cognome materno.

Negli anni seguenti, benché richiamato presso l'esercito federale, Shiro diniegò. Rischiò la corte marziale, ma fu salvato dall'intervento personale di Revil che, pur detestando i codardi, rispettava quanti - come Shiro, fossero pronti a tutto per un ideale, e non si limitassero a nascondersi impauriti di fronte alla prospettiva di una guerra.
In effetti, sia durante la prima che la seconda guerra coloniale, Shiro fu quasi sempre in prima linea. Laureatosi in medicina nel tempo intercorrente fra le due guerre, si offrì volontario presso il servizio sanitario militare, servendo nel glorioso MASH 4077 nel corso del Secondo Conflitto Coloniale.

In qualità di medico, si occupò anche delle cure prestate ai feriti durante il conflitto marziano, soccorrendoli spesso e volentieri già in primissima linea.

Così, il soldato che aveva rischiato la corte marziale per diserzione, fu due volte decorato da Haman Kharn in persona per il coraggio dimostrato nell'adempimento delle sue funzioni.

Terminata la guerra, Shiro lavorò come medico presso l'ospedale di Kampala, fin quando le figlie lo OBBLIGARONO a rinunciare al servizio ed a trasferirsi a Napoli a godere il meritato riposo, in una delle ville messa a disposizione dalla presidenza per tutti i reduci ancora in vita. Lì morì, ancora lucido e combattivo, all'età di 99 anni, subito dopo aver completato il romanzo autobiografico "Johnny gettò il fucile" - una dura e coraggiosa critica al militarismo, entrato di diritto fra le letture scolastiche in tutto il territorio federale.

Diversamente dagli altri Eroi, sepolti nel cimitero militare di Arlington, il corpo di Shiro è stato deposto a fianco di quello dell'amata moglie, nella cattedrale di The Hague, città dalla quale Katrin era originaria.
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matte
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« Risposta #2 il: 28 Luglio 2007, 11:59:05 »

NB

diversamente da Tomino, che deriva il nome Hamarn dall'antagonista del "libro di Esther" (Bibbia), il cui significato è "Magnifica/Sublime", nella versione ultimate (mia cioé) Hamarn deriva dall'egiziano classico "colui/colei che guida la costruzione"...
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« Risposta #3 il: 06 Agosto 2007, 17:31:40 »

sfruttando un momento di sbatti - la relazione sull'inceneritore mi ha esaurito - vi presento una breve scheda dedicata ad uno degli Eroi della Federazione. Un personaggio che inizialmente non avevo previsto, ma lavorando al racconto di Hamarn mi son fatto prendere la mano...

ovverosia...

Anton van Rijks
data di nascita: sconosciuta
luogo di nascita: sconosciuto (nord-Italia?)
morto il 21. Aprile 2049 a Lipsia

soprannomi: il macellaio zoppo, l'anima nera della Federazione, Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato, Lord Voldemort

AvR è uno dei personaggi più misteriosi ed enigmatici di tutto il primo secolo della Federazione. Il suo nome, per esempio, era verosimilmente falso - sebbene le notizie sulla sua vita non possano che essere ricavate da quanto da lui stesso raccontato in più tarda età.

Secondo quando sappiamo, il giovane Anton era nato da una famiglia piccolo-borghese nel nord Italia, tra la fine degli anni '70 ed il primo quinquennio degli anni '80. Ragazzo pigro e svogliato, arrivò alla laurea in Medicina e Chirurgia presso l'Università di Bologna intorno al 2005, specializzandosi quindi in Chirurgia Generale presso l'Università di Parma fra 2006 e 2012.

Completati gli studi universitari, entrò in politica, ondeggiando senza meta fra i vari partiti della sinistra, scegliendo ora la cosiddetta "sinistra antagonista", ora l'area di governo più moderata - senza tuttavia riconoscersi mai completamente in nessuna delle correnti politiche del tempo.

A quell'epoca risale anche la sua prolungata relazione con una donna, una collega sicuramente, che lo segnerà profondamente: anni dopo, ricco potente e temuto, il 18. Aprile di ogni anno abbandonava ogni sua attività per depositare fiori sulla sua tomba, premurandosi di avere allontanato ogni possibile curioso.

Il 18. Aprile 2015 è, infatti, il cosiddetto "Giorno dell'Infamia", il giorno in cui, come scrisse il grande poeta Jeremiah Willkens, "gli angeli piansero".

Completata la prima fase dell'operazione Klausewitz, le truppe del Reich avevano intrapreso la conquista del territorio emiliano, incontrando ovunque pochissima resistenza - con la notabile eccezione della città di Parma. In qualche modo memore del passato anti-fascista, e sfruttando la particolare conformazione dell'impianto stradale, la popolazione aveva bloccato ogni via d'accesso al centro cittadino, decisa ad oppure una seppur simbolica resistenza. Anche di fronte ai colossali SP nazisti.
Il maresciallo Kaspar van Hallkmar, incaricato della conquista della città, che poi sarebbe diventata la sua residenza durante il periodo di occupazione, evitò accuratamente di aggredire militarmente il centro cittadino. Anzi, gli abitanti pare fossero sorpresi dal vedere l'improvvisa ritirata delle unità naziste.
Che però non stavano abbandonando la morsa: dirette verso il vicino ospedale, l'occuparono, uccidendo all'istante, per ordine del van Hallkmar, tutti i suoi pazienti - uomini, donne, anziani e bambini, e riservando il medesimo trattamento a tutti gli operatori di età superiore ai 35 anni. Quelli scampati, furono forzatamente arruolati nel servizio sanitario del Reich, molti di essi servendolo come veri e propri schiavi durante il resto della guerra.

La sconosciuta amata del van Rijks pare fosse fra le vittime. AvP, a quanto racconta, si trovava intanto fra le barricate, e fu uno dei primi ad arrendersi appena raggiunto dalla notizia dell'eccidio.

Seguendo il destino degli altri prigionieri, venne trasferito agli ospedali da campo nazisti in Africa settentrionale ed Asia occidentale. Sebbene le notizie non siano certe a tale proposito, pare avesse servito anche durante le sfortunate operazioni in Venezuela e nord America, segnalandosi per la totale dedizione al lavoro. In seguito, nel 2017, durante la compagna militare del nord-Africa, il suo ospedale da campo venne colpito da un bombardamento federale, risultando fra i pochi scampati al massacro - per altro, una delle pagine più nere dell'intero conflitto.
Trasferito d'urgenza all'ospedale militare del Celio, a Roma, venne proposto dal Feldmaresciallo Schiller - governatore dell'area mediterranea, per una decorazione al valor militare - una Croce di Ferro di Seconda Classe. A Schiller, complice l'andamento della guerra, servivano degli eroi per ringalluzzire l'opinione pubblica, e l'italiano collaborazionista, salvatore di tanti nazisti e scampato miracolosamente alla barbarie federale sembrava una manna dal cielo. AvR riuscì ad evitare la decorazione, che lo avrebbe sicuramente additato a fiancheggiatore, adducendo la scusa di non essere ancora iscritto al partito nazista, di essere ancora nominalmente un Nichtfreiwilligearbeiter (o NFWA lavoratore non volontario, formula impiegata per indicare i lavoratori schiavi durante l'occupazione). Schiller rimandò di qualche giorno la decorazione in modo da regolarizzare le apparenze - ma questo coincise con la sua destituzione, ed il sostanziale annullamento della cerimonia ufficiale.

La svolta della sua vita avvenne nelle settimane seguenti. Ancora convalescente, venne a sapere tramite un amico - aggregato alla resistenza, dell'Operazione Camelot, il blitz condotto dal 101th MS per distruggere lo SKeSTRAL di Roma. Scappato dal Celio, si unì ai gruppi di supporto, partecipando alla breve ma sanguinosa battaglia urbana che, pur senza recare gravi danni alla città, permise di scacciare il presidio nazista. Benché non sia confermato da resoconti ufficiali, pare che un RPG da lui lanciato abbia in tale occasione danneggiato irreparabilmente il braccio destro dell'SP04 di Kaswal von Deikun, estromettendolo precocemente dalla battaglia. Evento di cui non avrebbe mai parlato, nel corso della sua vita, ma che potrebbe spiegare lo strano rapporto intercorrente con la Cometa Rossa, di odio fortissimo - ma anche di marziale rispetto.

Al termine della battaglia, mondatosi dai precedenti rapporti con le forze di occupazione, ottenne di aggregarsi al M*A*S*H 4077th che, proprio in quei mesi di durissima guerra, stava creando il proprio mito nell'Europa centrale. Per agevolare il suo inserimento nella nuova unità, e tagliare definitivamente i ponti con lo scomodo passato, AvR assunse il nome che poi l'avrebbe reso celebre negli anni seguenti. Diventato direttore di PP, avrebbe accuratamente provveduto a cancellare quasi tutte le tracce della sua esistenza precedente questi fatidici giorni.

A questo punto, le informazioni in nostro possesso diventano più certe. Conobbe in tale circostanza Laura Stern, una collega di origine americana che sarebbe poi diventata la sua compagna - e, soprattutto, entrò in rapporti stretti con i membri del 101th MS, assegnato a quel teatro bellico.
Durante un'operazione notturna di supporto, all'indomani della battaglia di Berlino - cui aveva partecipato nell'ambito del supporto sanitario, fu gravemente ferito alla gamba sinistra. Secondo la versione ufficiale, proprio la dr.ssa Stern cercò di salvare l'arto in ogni modo, costretta infine da una grave infezione alla sua amputazione.

Grazie ai buoni rapporti con Amuro Rey ed il 101th in generale, gli venne assegnato un prototipo sperimentale di arto biomeccanico, analogo a quelli che avrebbero reso Kozumi e Khan gli "angeli" del dopoguerra.
Reintrodotto nel servizio attivo dopo una lunghissima convalescenza, che lo vide diventare padre per la prima volta, AvR fu quindi selezionato per l'operazione StarOne, sebbene - come ebbe a dire in seguito, lo svolgimento convulso della battaglia lo vide come spettatore, e poco altro.

Al termine della guerra, grazie alla sua perfetta conoscenza dell'Ausserdeutsch, il particolare dialetto delle colonie, appreso durante gli anni come NFWA, venne trasferito presso le Colonie con l'incarico di dirigere il grande ospedale militare della capitale. Qui, in virtù delle sue ottime entrature con l'aristocrazia locale, divenne un riferimento attendibile e riconosciuto per quanti, governativi o meno, necessitassero di rapportarsi con la complessa società coloniale. Importanza che non diminuì nemmeno quando, nel 2022, rassegnate le dimissioni dall'esercito, chiese ed ottenne di essere trasferito presso l'ospedale civile della medesima colonia.


Probabilmente, i suoi rapporti con Phantom Pain ebbero inizio proprio in quegli anni, trasformandolo lentamente nel riferimento ufficiale dell'Organizzazione con il governo federale. Si racconta che, trovandosi in quegli anni la giovanissima Hamarn Kharn per la prima volta fra la popolazione delle colonie, proprio a lui fosse assegnato l'incarico di "angelo custode" della futura Presidentessa. Incarico assegnatogli, pare, proprio dal misterioso comandane di PP.

Dopo alcuni anni, all'immediata vigilia della Seconda Guerra Coloniale, il suo rapporto con PP venne ufficializzato dalla sua nomina a Direttore Generale, seconda carica ufficiale e prima nominale dell'Organizzazione - incarico che avrebbe gestito fino alla fine della propria esistenza: iniziò allora la leggenda del "macellaio zoppo", come veniva chiamato dai suoi detrattori.
Beneficiario di un potere enorme, solo parzialmente controllato dagli organi di governo, mise in pratica ogni atto, più o meno lecito, per controllare e limitare l'influenza dei Profeti del Messiah. Le sue ritorsioni, in particolare quella successiva l'attentato al presidente Kharn, sono diventate negli anni tristemente celebri, contribuendo alla pessima fama che l'avrebbe circondato fino alla morte.

Nel complesso, come commentarono alcuni storici, agì con durezza - durezza di cui lui stesso si pentiva, privatamente, consapevole di operare per il bene del proprio Paese. Bene per il quale tutto era concesso, e qualsiasi carico non sarebbe mai stato eccessivo.

Ciononostante, la sua figura, per quanto rispettata in vita, non ricevette analogo trattamento rispetto ai contemporanei ed amici. Non soltanto alla sua morte, avvenuta silenziosamente, nel 2049, in circostanze mai del tutto chiarite, non fu proclamato alcun funerale di stato, come il suo ruolo avrebbe forse meritato, ma fu altresì negata la sepoltura nel cimitero militare di Arlington. Su sua richiesta, invece, la salma venne seppellita in una località segreta, fra le montagne della sua terra natale. Secondo la tradizione, avrebbe fatto seppellire con sé anche un dettagliato archivio relativo a tutti i segreti di cui era venuto a conoscenza durante la sua attività di direttore di PP. Al momento, l'esatto luogo di sepoltura è del tutto sconosciuto.
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« Risposta #4 il: 07 Agosto 2007, 09:05:06 »

Gli Eroi della Federazione

Hayato Kobayashi
Lima (Perù) il 9. Febbraio 1998 – Monte Olympus (Marte), 4. Novembre 2036

Soprannomi: Judo Boy – El Chino – Black Belt

Hayato Francisco Kobayashi Hernandez nasce a Lima, in Perù, da una famiglia dell’alta borghesia peruviana. Suo padre, Soichiro, è nato in Perù da genitori giapponesi, emigrati alla fine della seconda guerra mondiale: come tante altre famiglie nipponiche sul suolo peruviano, quella dei Kobayashi è perfettamente integrata nel tessuto sociale amerindio, pur conservando un tenace, risoluto, attaccamento alle tradizioni famigliari. Con grande scorno di Andrea Hernandez, la madre di Hayato, in famiglia è abitudine che i bambini imparino il giapponese di Kyoto, la città originaria della famiglia Kobayashi, e che vengano precocemente instradati alle più antiche tradizioni della terra natale. Hayato non fa eccezione.

L’infanzia di Hayato non fu affatto facile: chiamato sprezzantemente El Chino dai suoi coetanei e compagni di giochi, venne lentamente emarginato, trasformandosi nella preda prediletta dei bambini più violenti. Fu in tale occasione che avvenne il suo fortuito incontro con l’arte del Judo: per un curioso gioco del destino, fu proprio la più che latina madre ad insistere perché frequentasse un corso di arti marziali, convinta che questo avrebbe aiutato il piccolo a meglio difendersi dagli altri suprusi.
Hayato sorprese tutti, ed in pochi anni diventò tanto abile in quella particolare arte marziale, così come nell’Aikido e nel Kendo, da vincere per tre volte consecutive il campionato nazionale giovanile peruviano, così come – nel fatidico 2015, i campionati juniores panamericani.

“Hayato,” racconta Pedro de la Rua, un suo vecchio compagno d’infanzia, “non era particolarmente forte, né veloce, né potente. In un certo senso, anche la sua tecnica aveva parecchi punti deboli – almeno, rispetto ad avversari che avrebbe annientato con ridicola facilità. Eppure, era pressoché imbattibile… Perché? Non lo so. Credo che la sua vera, indiscussa virtù fosse la tenacia di ferro. Quando iniziava qualcosa, qualunque cosa, concentrava tutte le sue risorse in quell’obiettivo, e non mollava la presa fino ad averlo conquistato. Ecco, se dovessi paragonarlo a qualche animale, lo definirei un mastino.”

Il piccolo guerriero molto presto avrebbe continuato le sue battaglie su un diverso palcoscenico: è il 15. Aprile 2015, e la Prima Guerra Coloniale ha il suo tragico inizio.

La prima fase della guerra, la tristemente celebre Operazione Klausewitz, vide le armate naziste uscire vincitrici in tutti i teatri bellici in cui furono impiegate. Sull’orlo del baratro, Stati Uniti ed alleati decisero di unire le forze in modo radicale, costituendo la Federazione Terrestre: il Perù fu uno dei Paesi fondatori, nonché il primo a sostenere la cosiddetta “Mozione Kovalev”, atto fondante della medesima organizzazione sopranazionale.
Così, quando – poche settimane dopo, il Presidente Miller è costretto a proclamare la mobilitazione generale, anche Hayato viene richiamato alle armi, ancorché minorenne.

Superato brillantemente il corso introduttivo, Hayato fu improvvisamente trasferito nella base militare di Lake Neville, in Nevada: la casa del programma MS federale. Sottoposto con successo al trattamento con nanomacchine, Hayato qiomdo fu selezionato per entrare nel primo battaglione di MS pienamente operativo, inizialmente comandato da Shiro Amada – il primo pilota di Gundam. Assegnato alla corazza Albion, partecipò alla delicata missione di recupero e di assistenza della White Base durante la difficile, eroica fuga attraverso il territorio africano.

Durante quei giorni difficili e travagliati, il giovane Hayato strinse amicizie che sarebbero durate una vita intera, diventando il compagno inseparabile degli altrettanto giovani assi Amuro Rey e, soprattutto, Kay Sheedan. The Gray Owl diventò il suo compagno inseparabile, andando i due a costituire una coppia d’assalto ben nota durante tutta la guerra.

“Noi due,” scrisse Kay Sheedan, “ci completavamo alla perfezione. Io odiavo il contatto fisico diretto – mentre Hayato… non so come ci riuscisse, ma aveva inventato un modo tutto suo di usare i MS. Non voglio dire, ma a volte ho come l’impressione che quasi usasse delle mosse di judo.”

In effetti, Hayato fu il primo ad applicare le arti marziali ai MS – o per meglio dire, ad applicarle senza danneggiare nel contempo la propria unità.

Successivamente assegnato al neocostituito 101th MS, la divisione degli assi, Hayato avrebbe partecipato a tutto il resto del conflitto in primissima linea, conseguendo due successive decorazioni al valor militare (il Blue Ribbon all’indomani della battaglia del Venezuela, e la Red Cross dopo lo scontro di Berlino).

Nel periodo post-bellico, Hayato entrò nell’organizzazione Phantom Pain, partecipando a tutti i convulsi episodi che segnarono il passaggio dalla Prima alla Seconda Guerra Coloniale.
Durante quest’ultima, mise a frutto tutta l’esperienza accumulata nel corso del primo conflitto, contribuendo in modo critico alla formazione delle reclute e risolvendo in prima persona alcune delle battaglie più dure, specialmente nelle fasi iniziali della guerra.

Profondamente segnato dalla morte dell’amico Kay, fu colpito da una gravissima forma depressiva che lo allontanò dal teatro bellico fino alle sue ultime, convulse e drammatiche fasi. Ferito mortalmente da Kaswal von Deikun nel corso dell’ultima battaglia del conflitto, fu infine sepolto nel cimitero militare di Arlington, a fianco dello storico compagno d’armi, dove riposa tuttora.

Hayato, al di là delle esperienze belliche, fu uomo mite e generoso. Sposatosi dopo la guerra con una ragazza conosciuta in Europa, Fraw Bowmann, tra l’altro ex fidanzata di Amuro Rey, adottò – senza clamori e fanfare, cinque orfani di guerra, che insieme ai suoi due figli naturali avrebbero costituito il cosiddetto “clan Kobayashi”. Due di essi, Hans e Jordi, si sarebbero rivelati brillanti uomini d’affari, contribuendo a rendere la famiglia Kobayashi una delle Grandi Case destinate a controllare la politica federale dal 3° secolo NC in avanti.
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« Risposta #5 il: 08 Agosto 2007, 17:27:58 »

Kay Sheedan
Boston, Massachusset, 25. Febbraio 1998 – Granada, Luna. 21. Marzo 2035
Soprannomi: “The Demon Companion”, “Gray Owl”

Quando nacque, i suoi genitori ebbero l’unico litigio di tutto il loro matrimonio. La madre, Carla, avrebbe voluto battezzarlo Carlos, come il padre, un messicano immigrato clandestinamente alla fine degli anni settanta. Il padre, Kevin, di antica famiglia irlandese, avrebbe voluto chiamarlo Patrick, come il Santo protettore dell’Isola di smeraldo. Alla fine, la scelta ricadde su Kay – come il medico che aveva gestito il parto, piuttosto complicato.

Kevin Sheedan si era arruolato poco più che ventenne nella USAF, raggiungendo nel 2007 il grado di maggiore. Assegnato alla base militare americana di Rammstein alla fine del 2010, decise di portare in Germania tutta la famiglia. E quindi anche il giovane Kay, poco più che ragazzo.

Come scrisse lo stesso Kay, il trasferimento in Germania fu doloroso e travagliato.

Nonostante fosse pressoché ignorante della lingua e dei costumi tedeschi, Kay fu scaraventato in una scuola mista per decisione del padre: i primi anni furono terribili, e passati in pressoché totale solitudine. Per un fortuito gioco del destino, compagno di classe di Kay sarebbe stato nientemeno che Amuro Rey, il futuro eroe della Federazione.
“Li ricordo molto bene,” commentò Hans Johachim, il loro insegnante di matematica e fisica presso la scuola superiore: “erano entrambi silenziosi, taciturni… in un certo senso, mi facevano paura. Ne ho visti tanti di ragazzi come quelli, rovinarsi… ma poi… poi, quando cominciavano le interrogazioni, i loro silenzi ed i loro imbarazzi si tramutavano in una gara. L’uno non accettava di essere secondo dell’altro. Erano una frana, tutti e due, nelle materie letterarie – ma non ho mai visto due ragazzi così brillanti nello studio della matematica e della fisica. Lo giuro!”

Kay, inoltre, aveva un talento che lo rendeva famoso fra i compagni di studi: si diceva che fosse il miglior pilota di go-kart di tutta la Germania occidentale. Alcuni già lo chiamavano “il nuovo Schumacher”, quando la guerra ebbe inizio e travolse tutti. Correva l’anno 2015.

La sua fuga insieme ad Amuro Rey e – successivamente, a Noah Bright ha del leggendario, ed è stata mirabilmente raccontata dallo stesso Kay nel libro premio Pulitzer 2028 “Notte sull’Europa”, racconto autobiografico delle esperienze vissute durante la Prima Guerra Coloniale. Una bella rivincita per lui, rimandato per cinque anni consecutivi in composizione letteraria.

Raggiunta la base di Okinawa al termine della rocambolesca fuga sul New York, si offrì volontario per il trattamento con nanomacchine, diventando così uno dei primi tre piloti di mobile suit della federazione.

Rapidamente, per le fila del Reich si diffuse la leggenda del “dannato SP bianco”, il “Demone bianco” – come ebbero a chiamarlo negli anni di guerra. Ed insieme alla fama di Amuro Rey, l’Akuma Shiroi, il Demone bianco, si diffuse quella del “compagno del demone”, the Demon Companion. Kay Sheedan appunto.

Entrato a far parte del 101th MS, partecipò a tutte le fasi della guerra fino alla sua conclusione, partecipando in prima persona allo scontro finale di Salomon/Apophis – evento in cui, come testimoniarono i compagni di squadrone, ebbe un ruolo decisivo. Soprattutto nelle concitate fasi seguenti la sospetta morte di Amuro Rey e quella ben più certa di JT Sleggar.

“Amuro fuori gioco, Sleggar morto… per alcuni secondi, pensammo che tutto fosse finito. In quel momento, Kay ci strigliò come il peggior sergente istruttore. Ci guidò nella mischia, facendoci resistere finché non scoprimmo che la nostra guida, il Demone Bianco, non era affatto morto…”

Così Kobayashi Hayato descrive i concitati eventi di quella terribile battaglia, ed il ruolo giocato dal compagno.

Più volte decorato durante il conflitto, Kay terminò la guerra con il grado di colonnello, secondo assoluto per abbattimenti fra tutti i piloti federali, pur senza ricevere mai il massimo onore: la Federal Medal of Honour. Kay vantava inoltre un record del tutto particolare: aver concluso la guerra senza riportare una sola ferita.
“Mio figlio mi chiede spesso se gli ospedali da campo fossero simili a quello di MASH 2017 (una serie televisiva molto famosa, trasmessa dai principali network mondiali a partire dal 2026 per oltre 16 stagioni)… a dire il vero, non ne ho la minima idea. Visto che non ci ho mai messo piede…”
Questo fu merito del particolarissimo stile di pilotaggio dello Sheedan, del tutto diverso da quello sviluppato da Amuro Rey.

Questi era abituato a bersagliare i nemici con le proprie armi beam, sfruttandone l’ampio raggio d’azione, e seminando il panico nella formazione nemica; frattanto, Amuro riduceva le distanze ed iniziava a colpire con “l’arma ammazza-mobile suit” per definizione, la beam saber in dotazione al Gudam. Poiché i MS di prima generazione non avevano un sistema di contenimento molto efficace, quasi sempre la distruzione di un reattore si riduceva in una violentissima esplosione – che metteva a rischio la sopravvivenza dello stesso aggressore. Per questo motivo, Amuro rimase ferito in un paio di circostanze, in modo molto grave.

Sheedan, invece, applicava uno stile mutuato dall’amico e mentore JT Sleggar, l’ex-ufficiale dei marines e pilota di Apache aggregatosi alla WB durante la fuga in Afghanistan. Ben nascosto, puntava gli avversari con il beam rifle, mirando solitamente alle gambe od alla testa: come scrisse in seguito, nonostante il reattore sembrasse la preda più ghiotta, l’ampia corazza che l’avvolgeva rendeva la sua esplosione per colpo diretto estremamente improbabile. In effetti, le uniche armi in grado di penetrarne la corazza efficacemente erano le beam saber.

Meglio, quindi, rendere il veicolo inutilizzabile e facile preda per chi, come Amuro, preferiva il contatto diretto. Che Kay, invece, evitava il più possibile.

Quando la formazione Amuro Ray – Kay Sheedan – JT Sleggar divenne pienamente operativa, l’attacco seguiva solitamente una procedura di questo genere: Sleggar e Kay aggredivano i nemici da lontano, e ne frammentavano la formazione, permettendo ad Amuro di fare il “lavoro sporco” finale.

Nel corso della guerra, poco prima che il 101th MS fosse effettivamente costituito, alla WB venne assegnato il giovane sottotenente Kobayashi Hayato, il primo pilota ad implementare le arti marziali nelle tecniche di combattimento. In breve tempo, la coppia “Judo-Boy” e “Gray Owl” si trasformò in una squadra d’acciaio, la cui fama avrebbe superato la conclusione della guerra.

A conflitto concluso, Kay ed Hayato ottennero – diversamente da Kou Uraki, Artesia von Deikun ed Amuro Rey (o quantomeno, colui che Amuro fu ritenuto essere) – l’assegnazione a Phantom Pain, l’associazione segreta incaricata di vigilare sulla normalizzazione dei rapporti con le Colonie.

Come membri di tale squadra segreta, i due assi del primo conflitto coloniale ebbero un ruolo essenziale nel prevenire le peggiori conseguenze del “putsch” di Gato. In seguito, parteciparono alla difesa della Federazione nei confronti dei “Profeti del Messiah”.
Durante una delle prime fasi della Seconda Guerra Coloniale, ed in particolare il blitz di Granada, Kay fu ucciso nel tentativo di coprire la fuga dei compagni.

La Federal Medal of Honour, concessa ad Amuro per ben due volte nel corso del primo conflitto, gli fu quindi assegnata postuma, in una toccante cerimonia che vide la consegna della decorazione alla moglie Lina ed all’orfano di Kay, John.
L’immagine del bambino – aveva solo sei anni all’epoca, che riceve la medaglia dalle mani del presidente Kharn sarebbe diventata una delle più celebri e riprodotte immagini della Seconda Guerra Coloniale.

La salma di Kay Sheedan, riconsegnata alla famiglia al termine del conflitto, è stata tumulata nel 2045, il 1. Gennaio, con tutti gli onori, nel cimitero militare di Arlington. L’orazione funebre pronunciata dal presidente Haman Kharn in tale occasione è tuttora considerata una delle più belle e toccanti mai composte in tutta la storia dell’umanità.

Noah Bright

El Paso, Texas 14. Agosto 1992 – Granada, Luna 1. Aprile 2058
Soprannomi: “The Original One” , “The Admiral”

Noah Jetro Bright nasce ad El Paso, Texas, il 14. Agosto 1992 da Alan Jefferson Bright e Clementina Hernandez-Jones. I genitori sono gli ultimi eredi di due fra le più ricche ed influenti famiglie texane, appartenenti alla cosiddetta “aristocrazia del petrolio”. Il nonno paterno, Benjamin Franklin, è azionista di riferimento di una delle principali imprese petrolifere americane, le cosiddette “Sette Sorelle”, nonché aperto sostenitore del partito repubblicano ed amico personale della famiglia Bush. Il nonno materno, John Hernandez III, ha da poco reinvestito parte dei beni di famiglia nella nascente “new economy”, ricavandone guadagni spaventosi che lo portano, in pochi anni, nella top ten degli uomini più ricchi degli Stati Uniti.
In breve, tutto sembra promettere al piccolo Noah una vita agiata e tranquilla. Ma il destino ha deciso altrimenti.

E’ il 1993, ed i genitori decidono di separarsi, dopo soli sei anni di matrimonio e ben quattro figli. Noah ha solo sei mesi: l’evento lo segnerà per tutta la vita.
La causa di divorzio è lunga e complessa, ed i due ex-coniugi non si risparmiano colpi bassi a ripetizione. Per mesi interi, il processo occupa le prime pagine dei giornali, scandalistici e non. Tutto questo, per fortuna, è risparmiato a Noah dalla giovanissima età: in seguito, confermerà di non avere alcun ricordo di quei mesi terribili.

Alla fine del procedimento, il giudice assegna la custodia di tutti e quattro i bambini alla madre – che, tuttavia, passerà insieme a loro pochissimo tempo. Fino a scomparire, travolta dal vortice della vita mondana: feste, amanti, alcol. E cocaina.

È il 1999, e Noah ha compiuto sette anni. Prima che Alan Bright ottenga l’assegnazione anche del giovanissimo Noah, John Hernandez gli propone di iscrivere il bambino al prestigioso istituto “H&N”, una scuola militare di Austin. Quando varca i cancelli della scuola, Noah non immagina certamente che proprio ad una divisa sarà indissolubilmente legato tutto il suo futuro.

I primi anni sono molto difficili. Il giovane Noah è molto intelligente, in qualche modo brillante. Ma chiuso, taciturno. In qualche suo modo irrequieto. Non obbedisce all’autorità se non male, e svogliatamente. I suoi voti scolastici sono comunque ottimi, ed il preside – amico personale dei Bright, suggerisce di trasferirlo ad un istituto dalle regole e dalla disciplina interna meno severa. La decisione sembra ormai presa, quando il destino decide altrimenti – per la seconda volta.

E’ l’11. Settembre del 2001.

Noah ed Alan Bright sono a New York, quel giorno. Per caso – e proprio il caso impedisce loro di trovarsi sulle Twin Towers poco prima dell’attentato. Nessuno sa cosa scatti nell’anima del ragazzo: sicuramente, convince il padre ad annullare il trasferimento. Rientrato nella sua vecchia scuola, quello che si presenta a compagni e docenti è un Noah Bright completamente diverso. L’esempio dello studente modello. Nove anni dopo, nel 2010, la sua scelta di intraprendere la carriera militare non sorprende più nessuno.

Inizialmente combattuto fra Marina ed Aviazione, Bright opta infine per la seconda. Arruolatosi, intraprende gli studi universitari in ingegneria aerospaziale, conseguendo il titolo “magna cum laude” nel 2014 presso Texas A&M, l’università gestita direttamente dall’esercito americano.

Nello stesso anno, grazie alle ottime credenziali, viene trasferito presso la base militare di Rammstein, in Germania, dove serve quale attendente personale del Colonnello Gordon Paolo, il comandante delle forze USAF.

Intanto, un nemico silenzioso ha compiuto le sue ultime mosse, e predisposto la vendetta tanto a lungo attesa. È il 2015, ed il 15. Aprile scatta l’offensiva del Reich: l’operazione Klausewitz.

La mattina del 15. Aprile, mentre le forze armate americane sono in fase di piena mobilitazione, Bright riceve un ordine paradossale: nascondersi, insieme agli ufficiali più giovani, nelle foreste che circondano Rammstein. “Non fosse venuto dal Colonnello Paolo in persona… non me l’avesse detto lui, con le sue stesse labbra… beh, avrei mandato tutti al diavolo. Un ordine assurdo, che ci salvò la vita.”
La notte fra il 15. ed il 16. Aprile, la base di Rammstein è assalita da un massiccio attacco del Reich, e praticamente distrutta. I morti si contano a migliaia: oltre seimila i prigionieri, molti dei quali non sopravvivranno ai primi mesi di guerra. L’ordine del colonnello Paolo non aveva soltanto salvato i più giovani e promettenti ufficiali della base: nessuno avrebbe mai potuto immaginarlo, certamente non Bright, certamente non in quei giorni difficili, passati fra le foreste aspettandosi l’attacco dei nazisti – ma quella decisione avrebbe deciso le sorti di tutto il conflitto.

Le settimane successive appartengono a quello che, spesso e volentieri, viene chiamato il “Romanzo della Prima Guerra Coloniale”: il congiungimento con i futuri eroi di guerra Kay Sheedan ed Amuro Rey, la fuga attraverso la Germania occupata e le linee del Reich. E, soprattutto, l’assedio di Amburgo.
L’episodio è notissimo, e rappresenta nella vita di Bright un vero e proprio punto di svolta. Anni dopo, lui stesso l’avrebbe raccontato così:
“Eravamo ai confini della città… avevamo capito che non saremmo riusciti a superare lo sbarramento del Reich… c’erano delle vere e proprie trincee, ed avevamo individuato un punto in cui, fra uno schieramento e l’altro, non c’erano più di due-trecento metri… Dovevamo trovare un modo per passare. Fu Amuro ad avere l’idea… catturammo due soldati nazisti, e rubammo il loro fuoristrada. Amuro e Kay – vivevano in Germania da anni, e parlavano un tedesco senza accento… dicevo, Amuro e Kay indossarono le divise dei due soldati, e ci portarono vicino all’ultimo sbarramento spacciando me ed i miei compagni, i sottotenenti Roberts e Silva, come prigionieri… li avevamo presi per degli idioti, e lo pagammo a caro prezzo. Un ufficiale nazista ci intercettò, e disse qualcosa ad Amuro e Kay. Gli disse non so che cosa… estrasse una pistola, e sparò. Sentii uno scoppio, ed i miei occhi non videro altro che rosso… il sangue… il sangue di Silva. E Roberts. Quando capii… quando quello strano incantesimo mi lasciò, avevo gli occhi fissi sulla canna di una pistola. Ebbi solo il tempo di pensare: è finita… Ma Kay fu più veloce. Sciacciò sull’acceleratore, a tavoletta, e riuscimmo a scappar via. In qualche modo, sfondammo le linee… e ne uscimmo interi. Io mi resi conto che ce l’avessimo fatta solo più tardi… quando Amuro mi trascinò giù del fuoristrada. E quando, dietro di me, vidi i cadaveri dei miei compagni…”
Da Amburgo, i tre fuggiaschi riescono a ripiegare sul fiordo di Trondheim, dove le flotte europee stanno raccogliendosi per organizzare l’ultima, inutile difesa. Poco prima che le linee siano definitivamente sfondate, Bright viene destinato alla base militare americana di Okinawa, ed assegnato alle nuove corazzate speciali che lì dovranno convergere per raccogliere i prototipi di MS. anche questa fase della fuga, sotto la banchisa polare, sfuggendo agli improvvisi attacchi del nemico nazista, è in qualche modo entrata nella leggenda della Prima guerra Coloniale. Così come la battaglia di Okinawa, durante la quale, per la prima volta, la neonata Federazione Terrestre schiera i suoi mobile suit, gli RX78b Gundam.
Per una serie di circostanze fortunose, durante l’evacuazione della base, Bright finisce sulla White Base, una delle tre corazzate da battaglia di nuovo modello assegnate all’operazione e coinvolte nella battaglia. “Fortuna imperatrix mundi” scriverà Bright nell’intestazione del suo libro di memorie, molti anni dopo. E, forse, nessun evento chiarisce meglio i rapporti del giovane ufficiale con la Dea più amata ed odiata. Durante la battaglia, tutti gli ufficiali superiori della corazzata sono morti, o così rimasti feriti così gravemente da dover abbandonare il posto di comando. Di punto in bianco, Noah Bright, poco più che ventenne, si ritrova comandante di una corazzata da combattimento.
E sarà proprio lui, il rampollo dell’aristocrazia texana, il cadetto, a comandare quella che sarà la più celebre e famosa delle unità federali, in una fuga destinata alla leggenda.

Subito dopo la fuga da Okinawa, la WB viene danneggiata dal furioso attacco nazista: un tifone fa il resto. Mentre le unità gemelle Albion e Pegasus riescono a guadagnare la rotta per le Hawaii, la WB è costretta a ripiegare verso l’Asia continentale. Come se non bastasse, il reattore principale è rimasto gravemente danneggiato, trasformando l’unità in una vera e propria “anatra zoppa”: una preda perfetta per i nazisti. Che, tuttavia, nonostante tutti gli sforzi messi in atto, non riescono né a catturarla né a distruggerla. Riuscendo, nel mentre, ad infliggere al Reich la sonora umiliazione della morte di Garma Zabi.
Grande merito di quella fuga, eroica e disperata, spetta proprio a Bright Noah, le cui inattese doti di comando permettono ad un equipaggio improvvisato e ad una nave malmessa di sfuggire di compiere un missione apparentemente impossibile: attraversare tutta l’Asia meridionale e raggiungere, in buone condizioni e con perdite limitate, la base federale di Cape Town.

Eccezionalmente promosso Capitano per editto firmato da Yeoshua Revil in persona, Bright partecipa personalmente a tutte le successive operazioni belliche della Prima Guerra Coloniale, ed in prima linea. Quando Revil decide la costituzione del 101th MS, le future, leggendarie “Lance Spezzate”, Bright viene trasferito all’ammiraglia della flotta, la Avalon. Ed è quindi lui a condurre e coordinare, in prima persona, due delle più critiche operazioni della guerra: l’Operazione Camelot, al termine della quale lo SKeSTRAL di Roma viene distrutto, aprendo la strada alla liberazione di tutta l’Europa mediterranea, e la successiva Battaglia di Berlino. Più defilata la sua posizione nel corso dell’ultimo scontro terrestre, la sanguinosa battaglia di Odessa – del resto, decisa piuttosto dalle unità e dalle forze corazzate terrestri che dalle unità imbarcate.
La guerra è ormai conclusa, ma il suo ultimo, spaventoso atto non si è ancora consumato. La battaglia di Salomon/Apophis, durante la quale Noah Bright comanda il lato sinistro dello schieramento federale, quello più severamente colpito dall’attacco Nazista, schierato di fronte alle unità di Cecilia Zabi.
Ed è proprio l’Avalon, alla conclusione della battaglia, a sfondare le linee, ed approdare su Salomon, guidando lo sfortunato assalto all’ultima roccaforte nazista.
Mentre i Quattro Cavalieri dell’Apocalisse ricadono sulla Terra, con il loro carico di morte e distruzione, la parola fine viene finalmente scritta sulla guerra più terribile che abbia mai infiammato la sfera terrestre. È il 1° Gennaio 2019.

La Guerra è finita, ma la pace non è ancora conquistata: Noah Bright diventa il più giovane ammiraglio nella storia federale. Correva l’anno 2019.

A guerra conclusa, Noah Bright viene promosso ammiraglio, comandante in capo della flotta federale assegnata alle Colonie. Compito che Bright svolge con cura ed attenzione, attirando l’attenzione delle nascenti Grandi Famiglie, i cui interessi si vanno rapidamente concentrando sul commercio spaziale, in vertiginosa espansione.

E’ il 2026, ed il 34enne Noah decide di non rinnovare la ferma. La sua esperienza, e soprattutto le amicizie conquistate negli anni di permanenza nello spazio, è merce pregiata, e le grandi compagnie si contendono la sua consulenza a colpi di milioni di dollari. Per Noah, padre di quattro figli, stanco della vita militare, è un’occasione da non lasciarsi sfuggire. Sono anni di relativa pace, e tranquillità – incrinate soltanto dalle crescenti intemperanze del figlio Hathaway, destinato ad una vita breve, triste e turbolenta.

Intanto, è arrivato il momento della contromossa di Deikun, la sua grande e sanguinosa vendetta. Quando i Profeti del Messiah compiono la propria mossa, si trovano di fronte comandanti federali troppo giovani ed inesperti, frutto della recente epurazione promossa dal presidente Kharn. Revil, richiamato d’urgenza dalla pensione, è gravemente malato – ma il suo genio non ha cedimenti. E, soprattutto, non ha cambiato opinione su chi sia il suo erede designato. Noah Bright, ormai un rispettato e pacifico possidente coloniale, si trova sulla Terra quasi per caso, quando il generalissimo Yeoshua Revil decide di vederlo, implorandolo di tornare sul ponte di comando. E Noah, infine, accetta. Così come nessuno del suo vecchio equipaggio è sordo al richiamo del leggendario comandante.
Gli antichi compagni si riuniscono per l’ultima volta, sulla nuova ammiraglia della flotta, la Yamato, il cui equipaggio è costituito, al novanta per cento, dai provati, abilissimi reduci della Prima Guerra.
La Yamato, un nome glorioso per la nave destinata ad essere la spina nel fianco dei Profeti, ed a guidare la controffensiva che scaccerà i fedeli di Deikun dalla Terra, e dalla sfera terrestre.
Ed è sempre lui, Noah Bright, a comandare la poderosa flotta che, l’anno seguente, chiude i conti con il Profeti del Messiah nel corso della battaglia di Marte.

Ed è quella grande battaglia l’ultimo grande atto della vita di Noah Bright, the Original One – più semplicemente, l’Ammiraglio. Rientrato da Marte, mentre la giovane presidente Hamarn Kharn abbandona per sempre le armi e la guerra, rassegna a sua volta le dimissioni dall’esercito – per la seconda, ed ultima volta. Morirà cinque anni dopo, ucciso da un tumore polmonare. Lo stesso destino condiviso da quasi tutto l’equipaggio della White Base sopravvissuto alle stragi della guerra. Come avrebbe dimostrato uno studio medico, alcuni anni dopo, tutti i membri del leggendario equipaggio erano rimasti esposti a dosi anomale di radiazioni dopo il danneggiamento del reattore, nel corso della Prima Guerra Coloniale.  Bright, il leggendario comandante, è solo il primo a cedere all’implacabile morbo che, nell’arco di soli cinque anni, spazzerà via tutti i suoi antichi compagni. Uniti nella vita, nella battaglia, nella morte.
Noah Bright ed i suoi antichi compagni riposano oggi nel cimitero militare di Arlington, nel mausoleo di marmo bianco ad essi dedicato – il più celebre monumento di tutto il cimitero monumentale, ancora oggi venerato dalle visite di decine di migliaia di persone, ogni anno.
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« Risposta #6 il: 10 Agosto 2007, 10:44:02 »

Seigen Rowan

Minneapolis (USA) 21. Marzo 1990 - Salomon 31. Dicembre 2018
Soprannomi: Zatoichi, Blind Fury, Samurai Jack

Quando Seigen nacque, sua madre Keiko - ultima discendente di una antica famiglia di samurai giapponesi, pretese che suo figlio portasse nel nome la parola "stella", Sei in Giapponese. Emigrata in America per ragioni di studio, lì aveva conosciuto Charles Rowan, stimato archeologo dell'Università del Minnesota, di vent'anni più anziano di lei, ed appena uscito dal secondo, disastroso matrimonio.

Perché tanta insistenza? Perché nascendo, il piccolo Seigen, stringeva nel pugno un grumo di sangue - segno che la tradizione orientale assegna ai protetti del Dio del Fulmine. Un simbolo che talvolta viene chiamato "La stella di sangue".

Seigen visse un'infanzia tranquilla ed anonima fino al 2002. Aveva appena compiuto dodici anni, quando fu rapito da una gang minorile. Lo picchiarono a sangue, lo umiliarono in ogni modo possibile, lo violentarono, per cinque interminabili giorni. Alla fine, quando si accorsero che - nonostante tutto, Seigen non era morto, e che i suoi occhi si erano illuminati della sinistra luce della vendetta, decisero di imporgli l'umiliazione finale, affinché non potesse riconoscerli. Lo accecarono.

Gli anni seguenti furono durissimi. Seigen fu costretto ad imparare a conoscere un nuovo mondo, fatto di tenebre, in cui la sua unica guida erano i rumori, gli odori, ciò che le sue mani ed i suoi piedi potevano toccare e scoprire per lui... Imparò a leggere in Braille, e grazie a ciò si iscrisse all'università del Minnesota, alla facoltà di legge. Facoltà che non concluse.

Nel 2014, Seigen fu selezionato per un progetto sperimentale finanziato dai governi americano e giapponese, coordinato dai professori Kozumi e Khan. Nell'ambito di tale progetto, Seigen fu il primo essere umano sottoposto a trattamento con sperimentali nanomacchine: creando un collegamento dinamico fra la sua corteccia cerebrale ed un sistema esterno di telecamere, Seigen tornò a vedere. CErtamente, ciò non era applicabile alla vita reale: troppo grandi le telecamere necessarie, troppo complesso il sistema informatico necessario all'interazione con la corteccia visiva... tuttavia, era previsto che proprio Seigen sarebbe stato impiegato come tester della fase 2.0 del progetto, nel quale si sarebbero provate versioni miniaturizzate di tutti i sistemi, in grado di consentirne l'impiego nella vita quotidiana... un progetto che fu improvvisamente stoppato dall'esplodere della Prima Guerra Coloniale.

La cecità risparmiò a Seigen l'arruolamento obbligatorio, che avrebbe strappato alle proprie famiglie tutta una generazione di giovani. Tuttavia, quando la neonata Federazione varò il programma MS, il suo fu uno dei primi nomi selezionati.
"MOlti si chiedono come sia stato possibile..." disse Kozumi "in realtà non è nulla di strano, né di sorprendente. Le nanomacchine proiettavano il corpo del MS e le principali informazioni direttamente nella corteccia cerebrale del pilota... trasformavano il corpo del MS in una vera e propria estensione di quello umano. Nel caso di Seigen, fu solo necessario riprogrammare il cervello positronico e rivedere parzialmente i comandi manuali. Le telecamere del MS sarebbero state i suoi occhi - del resto, sperimentalmente, avevamo già dimostrato l'efficacia della metodica, ed impiegando sistemi molto più primitivi di quelli che avremmo utilizzato durante la guerra."

Seigen fu assegnato alla Albion, una delle "Old Three", le prime Tre corazzate della federazione - White Base, Pegasus ed Albion appunto. In base a tale assegnazione, partecipò alle operazioni di recupero della White Base e, in seguito, alla leggendaria Battaglia del Venezuela.
Proprio in tale circostanza nacque il soprannome di Zatoichi...

E' noto che durante la battaglia del Venezuela, Amuro Rey fosse rimasto gravemente ferito ad una gamba e che, nonostante tale menomazione, avesse continuato a combattere per giorni e giorni. Meno noto che, nella circostanza in cui Amuro riportò tale ferita, il suo MS fu tanto danneggiato da essere messo fuori combattimento per diverse ore. A proteggerlo, in attesa dei soccorsi che avrebbero rimesso il suo Gundam in condizione di combattere, fu proprio Seigen.

Quando questi arrivarono, videro una scena incredibile: il Gundam di Seigen, beam saber in mano, a protezione dell'unità di Amuro, circondati da decine di SP nazisti ridotti a rottami fumanti. Kou Uraki, il primo a vedere la scena, si scappò detto che Seigen fosse stato degno di Zatoichi, il leggendario ed invincibile spadaccino cieco della tradizione giapponese...

Un soprannome che l'avrebbe accompagnato per tutta la vita e che Seigen assecondò, diventando indiscusso maestro nell'impiego della beam saber.

"All'epoca," spiegò Uraki in seguito, "le beam saber erano abbastanza primitive, per quanto già allora molto efficaci. Il grosso problema era che, senza le beam cells, l'autonomia di quelle armi era ridicola: per alimentarle, era necessario collegarle al reattore del MS tramite una specie di cordone ombelicale - come i beam rifle, del resto. Nonostante fossero conservate nell'avambraccio proprio per renderle un po' più pratiche, quel maledetto cordone ombelicale le rendeva scomodissime... ebbene, Zatoichi - intendo, Seigen Rowan, era in grado di usarle come se niente fosse - come se quell'handicap non esistesse.
"Seigen, forse perché cieco, si confrontava con il mondo in un modo tutto suo... ricordo che una volta mi disse una frase di questo genere: 'è inutile usare le solite tecniche di spada, quando si combatte con un MS. Noi dobbiamo distruggere una macchina, non uccidere una persona...' forse a causa dell'aspetto antropomorfo delle unità, a quell'aspetto avevo pensato raramente, o forse quasi mai."

Seigen è noto per essere stato il primo pilota a chiedere le cosiddette "Factory customization", modifiche alla propria unità eseguite di concerto con il produttore. Fece aggiungere, ad esempio, una colossale heat saber da impiegare contro i carri Adolf e come vera e propria arma di sfondamento - arma che lui chiamava "Kusanagi", in onore della leggendaria Excalibur nipponica.
In seguito, fece modificare una beam saber in modo da poterla impiegare come naginata, da lui ritenuta più efficace - come si sarebbe effettivamente dimostrata, in certi combattimenti corpo a corpo. Infine, chiese ed ottenne di poter modificare tramite controlli dall'abitacolo l'intensità del flusso di megaparticelle delle armi beam da taglio, in modo da regolarne lunghezza e temperatura di taglio.

Diventato parte integrante del 101th MS, rimase assegnato alla Albion per tutta la durata della guerra. Partecipò a tutte le operazioni in cui il 101th fu impiegato - dalla battaglia d'Africa all'operazione Camelot, alla battaglie per BErlino ed Odessa.
Ferito, lievemente, in due occasioni, fu decorato due volte con la Federal Red Cross.

Partecipò, infine, alla celebre battaglia di Salomon Apophis, che segnò la sua morte.
"Terminata la battaglia," spiegò Hayato Kobayashi, "avevamo ricevuto l'ordine di colpire Apophis con tutto quello che avevamo a disposizione - anche delle pietre, se necessario. Seigen aveva perso il suo beam rifle, e si sentiva inutile... vedeva Apophis avvicinarsi alla Terra, e percepiva che non saremmo riusciti a fermarlo, in nessun modo... ad un certo punto, si distaccò dalla formazione, e si lanciò verso Apophis... 'voglio provare a deviare i reattori!' mi disse, sparendo nella scia della cometa... non lo vidi mai più."

Nel 2055, riesaminando le registrazioni del tempo, si scoprì che - oltre alla più celebre esplosione determinata dall'ordigno atomico depositato da Von Deikun, Apophis fu spezzato in quattro frammenti da una seconda esplosione. Senza la quale, l'atto di Von Deikun non sarebbe stato sufficiente a risparmiare alla Terra un evento di estinzione di massa. Secondo i calcoli eseguiti in tale occasione, l'esplosione era "compatibile con le emissioni proprie di un MS modello RX178 HiGundam che abbia attivato il proprio programma di autodistruzione..."
Seigen Rowan, fino ad allora considerato MIA, fu immediatamente proclamato "Eroe Federale", e decorato alla memoria con la "Federal Medal of Honour" di prima classe.
Un sarcofago vuoto a suo nome fu quindi deposto nel mausoleo dedicato agli eroi del 101th MS, nel cimitero militare di Arlington, dove riposa tuttora.

In tale circostanza, la città di Kyoto decise di offrire in dono una spada forgiata ad immagine e somiglianza della mitica "Kusanagi", la spada del primo imperatore del Giappone, fino ad allora conservata in uno dei luoghi più sacri della religione shinto, tanto che nessuno aveva idea di quale fosse il suo vero aspetto (ndMatte: è tutto drammaticamente vero, immaginatevi vi dicessi che Excalibur è conservata a San Pietro, ma nessun laico può vederla...). La copia perfetta della Kusanagi venne deposta ai piedi del sarcofago di bronzo: nessuna mano, per oltre trecento anni, osò mai sfiorare quella reliquia.
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« Risposta #7 il: 14 Agosto 2007, 14:42:49 »

Anavel Gato
Munteferting (Side 6), 7. Aprile 1990 – Granada, 12. Dicembre 2023
Soprannomi: Der Schwarze Ritter (il cavaliere nero), Der Alptraum des Abendlands (l'incubo dell'Occidente)

Albrecht von Kepler non aveva dubbi: il giovane Anavel era destinato a grandi, grandissime cose. Quando compilò il suo oroscopo, era tanto certo delle proprie previsioni da sbilanciarsi – come mai prima di allora: “Il destino di Anavel è quello di un grande guerriero… la sua fama sarà luminosa come le stelle, ed i secoli che verranno ricorderanno il suo nome e la sua gloria.”

Parole migliori, Hernan Gato – padre di Anavel e Gran Maestro dell’Ordine di Thule, non avrebbe potuto aspettarsi – mai.

Il bisnonno di Anavel, Lopez Gato, era stato un fiancheggiatore del regime franchista, entrato nelle grazie del nazismo durante la guerra civile spagnola. Alla fine della seconda guerra mondiale, l’organizzazione ODESSA aveva richiesto il suo aiuto per garantire una fuga silenziosa alle migliaia di persone destinate al progetto Zweite Heimat: identificato dai servizi segreti alleati, riuscì ad emigrare con tutta la sua famiglia prima che la morsa della ritorsione potesse afferrare lui, od uno dei suoi parenti più prossimi. Da quel momento, la famiglia Gato entrò a far parte dell’aristocrazia militare, esprimendo alcuni dei più celebri esponenti del regime nazista e della Wehrmacht.

Anavel Gato, completate le migliori e più selettive scuole del regime, era stato selezionato per entrare nella PWHS, la più elitaria scuola del nazismo – il medesimo istituto frequentato, e lungamente diretto, dal Reichsführer Gihren Zabi. Onore che, tuttavia, rifiutò, scegliendo la carriera militare.
Una scelta che lo avrebbe portato rapidamente agli onori della ribalta, forse più di quanto il suo ambizioso padre avesse mai sognato per il figlio primogenito. Secondo assoluto del suo corso, dietro Kaswal von Deikun, la sua ammissione all’Ordine di Thule fu proposta da Dozul Zabi in persona, che ugualmente propose il suo nome per il programma SP.

Nel corso del 2011, partecipò alle selezioni per i reparti d’assalto. Per decisione di Cecilia Zabi, le selezioni si svolsero con la modalità di un torneo, trasmesso sulle reti televisive del Reich. Gato sbaragliò tutta la concorrenza, sconfiggendo in semifinale Johan Ridden ed approdando così alla finale con Kaswal von Deikun, già allora protetto di Cecilia Zabi. Le registrazioni dello scontro, combattuto alle pendici del monte Olympus con due Null Vier in assetto da battaglia, sono considerate l’esempio più clamoroso del livello qualitativo raggiunto dai programmi di addestramento del Reich. Il combattimento durò oltre due ore, senza che lo scontro avesse chiaramente decretato un vincitore, e fu sospeso per decisione di Gihren Zabi, ufficialmente per evitare che “la prosecuzione del combattimento provocasse la morte di uno dei due eccelsi combattenti, ovverosia di entrambi”.

Nei quattro anni successivi, Anavel partecipò alla formulazione ed alla progettazione dell’operazione Klausewitz, il piano d’invasione dell’Europa e dell’Asia Occidentale. Come previsto, egli avrebbe partecipato alla seconda fase dell’operazione, destinata a portare sotto controllo nazista i pozzi petroliferi del medio oriente. Nominato comandante della 113° divisione “Hermann von Salza”, la sua guerra iniziò ufficialmente verso la fine di Aprile del 2015, con l’invasione dell’Arabia Saudita.

La leggenda di Anavel Gato ebbe inizio.

Opera sua fu infatti la distruzione del comando centrale alleato, l’operazione che sostanzialmente risolse la battaglia a favore dei nazisti. D’altro canto, nel corso della stessa operazione, egli commise l’errore destinato a decretare la sconfitta finale del Reich. Come avrebbe scoperto in seguito, egli ebbe l’occasione di uccidere Yeoshua Revil – occasione che sprecò ritenendo quell’anonimo ufficiale israeliano nientemeno che carne da macello, una nullità al suo confronto… anni dopo, prigioniero a Norimberga, Revil gliel’avrebbe rinfacciato – Gato, da parte sua, non ammise mai quell’errore, comunque confermato da tutti i rapporti dei suoi compagni d’arme.

Nonostante il successo tattico, l’inettitudine di Garma Zabi rese la conquista dell’Arabia un disastro strategico. Inoltre, merito proprio “dell’anonimo ufficiale israeliano”, la gran parte delle forze combattenti alleate, e soprattutto la quasi totalità della marina e dell’aviazione, era riuscita a mettersi in salvo. Anche per celare all’opinione pubblica il mancato, pieno successo dell’operazione pianificata quale “scacco matto agli USA”, la Wehrmacht fu insolitamente prodiga di onorificenze – fatto di cui anche Gato, indirettamente, beneficiò.

Le sue gesta furono riconosciute cioè degne del più alto riconoscimento militare nazista, la Croce di Ferro – un simbolo che, per un adepto dell’Ordine di Thule, e soprattutto per il comandante della divisione intitolata al Primo Gran Maestro dell’Ordine Teutonico, aveva un significato del tutto particolare. Da quel giorno, egli avrebbe ostentato quella decorazione in ogni occasione, scatenando le ire e le invidie di buona parte dell’aristocrazia militare nazista.

Dopo la Battaglia della Mekkah, Gato fu trasferito all’Operazione di Conquista del Giappone – un progetto ambizioso e sospeso subito dopo la battaglia di Okinawa. Da allora, per settimane, lui e Kaswal von Deikun furono assegnati all’inseguimento della preda più ambita da tutto l’esercito del Reich, la White Base.

Mentre Kaswal von Deikun si incaricò della sua caccia soprattutto in territorio asiatico, il suo inseguimento in Africa fu incarico prevalentemente di Gato. In due occasioni prossimo a conquistare la preda, fu in entrambe le occasioni fermato sulla soglia del successo finale da eventi imprevisti: il sacrificio di José del Riu, e l’inatteso arrivo dell’Albion, la corazzata gemella della WB, assegnata all’operazione di salvataggio.
Deciso a conquistare la propria preda, Gato tese alla WB un ultimo agguato poco distante dal confine trincerato del territorio federale, poco più a nord dell’antico confine Rhodesiano. La terribile battaglia si concluse con la sostanziale sconfitta delle truppe del Reich: uno dei Gundam federali, tuttavia, rimase disperso durante il combattimento. Una preda che, giunta che fosse nelle mani dei centri di ricerca nazisti, avrebbe giustificato tutto l’impegno profuso nell’inseguimento. Gato dedicò le settimane seguenti all’inseguimento di quell’unità dispersa, e del suo pilota – Shiro Amada. Lo trovò nelle circostanze più sorprendenti: ammalatosi di malaria durante l’inseguimento, aveva trovato rifugio nell’ospedale di Kampala – lo stesso dove Shiro si era nascosto, deciso a non combattere mai più. I due si conobbero in quelle circostanze: in seguito, Shiro avrebbe testimoniato che il terribile Gato non avesse osato compiere alcuno degli atti di violenza che le dicerie del tempo gli avrebbero poi attribuito. Testimonianza decisiva nel risparmiargli la pena capitale.

Ritornato alla guerra, Gato faticò a riprendersi dalla malaria, e quindi non poté partecipare alla battaglia del Venezuela. Una perdita molto grave, per le ambizioni del Reich. Rimessosi quasi completamente, partecipò invece alla battaglia di New York: fu proprio Gato uno degli ultimi – se non l’ultimo, ad abbandonare la battaglia, anche quando la sconfitta del Reich era diventata evidente a chiunque, anche al più fanatico dei soldati nazisti.

Trasferito alla difesa del territorio occupato in Europa, la Abendlandsmark, la marca d’occidente della definizione nazista, il reparto da lui comandato, il 113°, fu la colonna portante della difesa in Spagna e, quindi, intorno a Berlino. Catturato in tale occasione da Amuro Rey, lì ebbe termine la sua partecipazione alla Prima Guerra Coloniale.

Imputato eccellente del Secondo Processo di Norimberga, la sua dichiarazione nei confronti dei capi d’imputazione è rimasta celebre:
“Io sottoscritto Anavel Gato, Feldmaresciallo del Reich, diplomato con la eiserne Kreuz, non riconosco l’autorità di questo tribunale.”
Affermazioni cui non seguì altro se non il silenzio assoluto.

Diversamente da altri gerarchi, condannati a morte od a pene detentive lunghissime, Gato – pur riconosciuto colpevole di generici “crimini di guerra”,  fu condannato a 10 anni di confino in territorio terrestre, in luogo a discrezione del tribunale. Tale condanna non fu mai messa in pratica.

Grazie alla complicità della sua carceriera, la giovane tenente Nina Purpleton, riuscì a fuggire: aiutato dall’Ordine di Thule, di cui – complice la morte di Dozle Zabi, era diventato il nuovo gran maestro, riuscì a nascondersi sulle Colonie lunari, lì vivendo indisturbato per circa 3 anni.

Quando Nina, diventata frattanto sua amante, decise di abbandonarlo, Gato non esitò, e la uccise con le proprie mani: il suo progetto di vendetta era già in atto, e non avrebbe potuto permettersi che quella donna, benché madre di sua figlia, rischiasse di tradirlo.
Secondo le più diffuse ricostruzioni, la strangolò, e ne gettò il cadavere nell’inceneritore di Granada, occultandone per sempre il cadavere.

Grazie all’autorità di Gran Maestro dell’Ordine di Thule, Gato riuscì a coagulare intorno a sé buona parte delle ex-SS e dei migliori ufficiali Wehrmacht scappati alla prigionia post-bellica. Soprattutto per i primi, quella offerta da Gato aveva i caratteri della grande rivincita, l’occasione propizia per cancellare – una volta per tutte, l’umiliazione rappresentata dal precedente tradimento di Von Deikun, il “Giuda del Reich”.

Il piano era ambizioso, ma piuttosto semplice: rubare la testata nucleare da 200 megatoni ancora conservata nella base di Baijkonur, che Dozul non era riuscito a far detonare nel corso della guerra, e farla esplodere nello spazio, provocando un impulso elettromagnetico in grado di distruggere tutti i circuiti elettronici della Terra.

In realtà, ciò che Gato aveva accuratamente nascosto, l’esplosione dello stesso ordigno avrebbe annientato tutti i sistemi elettronici delle Colonie, all’epoca non ancora schermati, condannando a morte anche quelli che i reduci continuavano a considerare i propri connazionali.

Rubato l’ordigno, Gato fu quindi inseguito ed affrontato da Phantom Pain, comandato per l’occasione da colui che considerava il proprio peggior nemico: von Deikun, entrato nell’organizzazione dopo la conclusione del Processo di Norimberga.
Alla fine di un convulso inseguimento, e di una dura battaglia combattuta nell’orbita lunare, Gato fu quindi ucciso dalla Cometa Rossa in persona, atto che assunse i caratteri di una vera e propria esecuzione.

In rispetto del codice federale, la salma di Gato fu consegnata al fuoco, e le sue ceneri disperse nello spazio: la figlia, Johanna, fu adottata da Deikun, che la crebbe come propria figlia, diventando erede delle sue enormi fortune. La beffa finale per l’orgoglioso Gran Maestro del Reich…
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