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Autore Topic: KSG: Ashes of the War- Phantom from the past  (Letto 6348 volte)
npa
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« il: 22 Settembre 2007, 18:27:24 »

Sono lieto di presentarvi la preview di una nuova serie:

Phantom from the past(titolo in lavorazione, questo fa schifo, si accettano consigli molto volentieri  wink )

Premessa
Questa serie destò fin da subito scalpore per la trama ed i contenuti, contenuti che se da un lato attirarono nuovi 'adpeti' al mondo di Gundam dall'altro provocarono alcuni mugugni per via del fatto che furono, secondo alcuni, assai 'tirati' sull'onda di film e libri sui grandi complotti e simili (anche se in effetti non bisogna dimenticarsi che la stessa serie madre: 'Ashes of the war' subì a suo tempo critiche simili).
Ma andiamo per ordine e facciamo alcune premesse per spiegare meglio questa serie.
Della serie di 6 OVA '' fino al momento dell'uscita non si poté avere alcuna immagine ne dettaglio della trama, molti pensavano che ciò fosse dovuto ad un'abile mossa commerciale (cosa che in effetti in parte era) per aumentare l'attenzione sulla serie; avvenne però che su un forum italiano un certo '????' rivelò al mondo intero, attraverso un breve messaggio in inglese (l'unico messaggio che scrisse sul forum, tra l'altro usando una e-mail che dopo due giorni risultò appartenere ad un internet point giapponese), il contenuto della trama: quello che gli utenti del forum lessero lasciò di stucco, ma d'altronde non si potevano avere certezze sulla fonte (leggenda vuole che uno degli amministratori stesse addirittura per cancellare il topic).
Ma in realtà, come si scoprì il giorno della messa in onda del primo episodio quel messaggio non solo era giusto, ma si capì anche il motivo per cui lo inviò proprio ad un forum italiano (addirittura quel fatto passo pure tra le notizie di coda di alcuni TG italiani e giapponesi); anche se c'è da considerare che per un caso più unico che raro la trasmissione della serie avvenne in contemporanea in Giappone ed in Italia (questo è il punto veramente fantascientifico NdR).
L'episodio inizia con alcune scene di guerra tratte da video e foto reali della WWII, si intravedono soprattutto immagini della guerra in Nord-Africa ed in Italia, queste scene vanno avanti per tre minuti circa, di sottofondo vengono lette alcune poesie o brani tratte da esse (le poesie erano principalmente italiane, inglesi e tedesche sulla guerra in lingua originale), di solito questa viene considerata come l'opening della serie, da notare come negli ultimi fotogrammi comparisse: la piattaforma di lancio nazista nel Polo Nord.
Questa specie di 'opening' era completata dall'immagine dei moduli di rientro nazisti in procinto di entrare nell'atmosfera terrestre.
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« Risposta #1 il: 23 Settembre 2007, 12:16:17 »

dico una cagata ... ehm ...
"Blast from the past" ... ehm ...ehm ...
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npa
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« Risposta #2 il: 25 Settembre 2007, 17:19:26 »

Ep: 01  Vatican Question

25 aprile 1945....
Un auto uscì velocemente dalla prefettura di Milano dirigendosi verso l'arcivescovado; l'auto, tipica degli anni '30, si stava muovendo di buona velocità attraverso la città danneggiata dai bombardamenti; l'auto era fortemente scortata.
Nell'aria si respirava la tensione, scioperi e combattimenti scoppiavano come funghi nella città di Milano, ormai i partigiani avevano l'iniziativa ed era questione di poco tempo che in città giungessero le forze anglo-americane che il giorno 23 avevano varcato il Po.
Dopo qualche secondo una voce che aveva a suo tempo infiammato le piazze d'Italia giunse dal sedile posteriore: era Mussolini.
Mussolini fece alcune domande all'autista, soprattutto voleva sapere se e quali strade erano ancora libere: sapeva che probabilmente sarebbe stato vano quell'incontro con l'arcivescovo; con se teneva stretta una valigetta carica di documenti.
Ormai Mussolini aveva perso il vigore di un tempo: le sconfitte militari (ormai era chiaro che non c'erano realmente speranze e le cosiddette 'armi segrete' della Germania si erano rivelate poco più che un bluff) e politiche, l'aver dovuto acconsentire l'eliminazione per tradimento del suo genero e il vedere il suo impero distrutto di certo non giovava alla sua salute; il suo volto era smunto ed invecchiato.
La macchina svoltò nella piazza del Duomo di Milano, Mussolini doveva incontrare l'arcivescovo Schuster ed i capi partigiani in una ultima disperata trattativa: sono gli ultimi giorni di vita di Mussolini; alla trattativa dovevano partecipare i rappresentanti delle varie anime del CNL e il delegato delle SS Karl Wolff.
Mussolini scese dall'auto titubante e si diresse verso l'entrata dell'arcivescovado, ormai non aveva più reali speranze.

15 aprile 2015, ore 19.55 P.M...
La popolazione e le poche forze militari italiane sopravvissute si misero ad avanzare attraverso la citta 'eterna': non potevano accettare e quasi facevano fatica a credere a quel che stava accadendo...
La popolazione e le poche forze militari e di polizia tentarono un ultimo disperato attacco, il quirinale era circondato dagli SP e dai soldati nazisti, non c'era nessuna speranza di riuscire ad uscirne vittoriosi.
Un carro Ariete si portò davanti alla folla, era gravemente danneggiato, ma ancora funzionava, i civili ed i militari si misero a correre...
Arrivati nella piazza davanti al quirinale furono accolti dalle mitragliatrici del 21° battaglione della Wehrmacht, un SP-04 si occupò personalmente di eliminare i pochi mezzi a disposizione di quelle raffazzonate forze.
Intanto qualche chilometro più in là si era consumata un altra tragedia: il pontefice era stato ucciso ed il suo corpo e quello delle guardie svizzere cominciarono ad essere portati via.
“Cercate ovunque! Non mi importa se dovete distruggere qualche cosa! Se necessario distruggete tutto!” urlò un giovane sergente maggiore dal suo SP alla sua truppa, un centinaio di SS al sentire quelle parole eseguirono immediatamente quanto ordinatogli entrando di corsa nelle strutture di San Pietro e mettendosi a rovistare dappertutto.
L'SP del sergente maggiore Hartmann si parava minaccioso davanti all'entrata del Vaticano, due anziane suore poco distante si misero a pregare, al contrario del resto della folla non erano fuggite appena videro gli SP nazisti.
“Dobbiamo mandarle via?” domandò un soldato ad Hartmann.
“Ma no e poi voglio vedere se sono così pazze da non scappare di fronte a noi” rispose Hartmann.
Con il suo SP si avvicinò alle due, che si misero ancora a pregare più forte; ad un certo punto allungò il braccio come per afferrarle: alle due venne un infarto.
“Ma guarda un po'! E pensare che volevo essere gentile” esclamò Hartmann mettendosi a ridere.
Furono ore di inferno per la basilica di San Pietro e le strutture annesse ad esso, le SS non risparmiarono niente, distrussero tutto quello dove poteva essere nascosto qualcosa: quadri, mobilio, cassette per le offerte, vasi... neanche i morti ebbero pace...
“Signore! Signore!” urlò un soldato uscendo di corsa dalle grotte vaticane.
“Li avete trovati?” domandò Hartmann,.
“Signorsi signore! Erano nella tomba di Pio XII!”.
Hartmann cominciò ad osservare i documenti, ma li basto guardare la numerazione delle pagine per capire che c'era qualche cosa che non andava: mancavano un sacco di pagine e non a caso, era come se fosse stato studiato con cura cosa far mancare e cosa no...

25 aprile 1945, sera...
Il CNL aveva ordinato l'insurrezione generale via radio, ormai per l'RSI era la fine, lo stesso Mussolini tentava in un qualche modo di mettersi in salvo.
Il colloquio con l'arcivescovo era stato un fiasco completo, Wolff aveva fatto sapere di essere in Svizzera per trattare con gli Alleati, alcuni delegati del CNL non si erano fatti vedere e quelli che si erano presentati erano arrivati in ritardo: in pratica non c'era stata trattativa e lo stesso Mussolini si era defilato in maniera poco signorile promettendo che sarebbe tornato verso le 20.00.
Ma verso quell'ora Mussolini era in procinto di entrare a Como, seguito dalla scorta delle SS (che lo tenevano sott'occhio) e da diversi suoi fedelissimi; ma i guai non si erano fermato qui.
Un camion si era fermato in panne ed era scomparso presso Garbagnate, questa notizia non fece particolare piacere a Mussolini che ordinò che fosse ritrovato; inoltre ad aumentare il fastidio di Mussolini c'era la folla che si radunò presso la prefettura di Como quando per la città si sparse la voce della sua presenza.
Con lui teneva ancora la valigetta carica di documenti, ma sembrava come alleggerita...
“Ti hanno spiegato cosa fare?” domandò Mussolini ad un giovane ufficiale di provata fiducia.
“Si”.
“Bene, prendi questi e vai” disse sotto voce porgendo un plico di documenti al giovane.
Mussolini osservò in silenzio il giovane uscire dalla stanza, nella sua valigetta era rimasto solo più un plico, sui tre iniziali, “Il mio lasciapassare per la Germania” commentò a bassa voce riponendo la valigetta.
Un plico aveva già fatto in modo di consegnarlo all'arcivescovo di Milano con la raccomandazione di non aprirlo e di farlo arrivare in Vaticano dove sarebbe stato al sicuro.
“Se anche ne beccano due non avranno mai il puzzle completo” mormorò sottovoce soddisfatto, fiero di come la sua intelligenza lo stesse salvando; inoltre in Germania aveva appena inviato della gente a cui sarebbe bastato un solo 'tassello' per risalire al resto, “Quegli scienziati... spero solo che siano già arrivati in Germania”.
Il giovane si fece consegnare un MAB-38, ideale per i combattimenti ravvicinati, silenziosamente senza farsi scorgere uscì dalla prefettura e poi lentamente dalla città.
Raggiungere la Germania senza passare dalla Svizzera li era stato ordinato; di certo non era un compito facile visto anche il tragitto che doveva compiere.
Il ragazzo, Antonio Nutto, era diversi chilometri già fuori dalla città quando vide alcune persone muoversi in lontananza, istintivamente si acquattò, passarono alcuni interminabili minuti: i cinque partigiani in ricognizione passarono davanti a lui, a neanche un metro di distanza, Antonio trattenne il fiato dalla paura; per sua fortuna non fu scoperto e dopo alcuni minuti riprese il suo cammino.
Passarono diverse ore ed il sole cominciò a sorgere, era imprudente continuare di giorno e così Antonio andò a riposarsi in una stalla abbandonata.
Il ragazzo si distese sulla paglia e appoggiò il mitra al suo fianco; cominciava a fare caldo e quel tepore che pervadeva il suo corpo lo indusse ad addormentarsi, nella sua borsa c'era ancora il plico di documenti consegnatoli da Mussolini in persona.
Nei suoi sogni Antonio fantasticò bellissimi posti, bellissimi ragazze, i partigiani annientati, importanti incarichi di governo e militari, gli Alleati che fuggivano in preda al terrore e quant'altro potesse desiderare, ma al suo risveglio ebbe un'amara sorpresa: la sua bisaccia non c'era più e non c'era neanche più il suo mitra o perlomeno un mitra c'era, ma non era il MAB-38: era uno Sten inglese.
Subito il ragazzo si mise in piedi e cominciò a correre da una parte all'altra della stalla in preda ad un misto di rabbia e terrore, poi controllando meglio vide che non solo l'ignoto visitatore li aveva lasciato lo Sten, ma li aveva lasciato anche una confezione di carne in scatola americana ed una bottiglia di rum al posto della bisaccia.
Forse lui non lo seppe mai, ma quelli che lo seguivano per fregarli i documenti si rallegrarono talmente tanto nel vedere che il ragazzo non cercò neanche di nascondere la bisaccia che come regalo per l'involontario 'aiuto' decisero di lasciare al ragazzo qualche cosa con cui mangiare e affogare i dolori per il fallimento della missione.

16 aprile 2015, ore 6.00 A.M...
“Avete controllato dappertutto?” domandò Hartmann.
“Signorsi! Ma non abbiamo trovato niente” rispose un soldato scelto dell'unità.
“Dove possono essere gli altri documenti?” mormorò il comandante sottovoce.
“Probabilmente ce li aveva con se Mussolini...” suggerì il soldato.
“Già, già, sarà meglio indagare in tal senso...”.
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« Risposta #3 il: 01 Ottobre 2007, 14:12:19 »

1a parte

EP: 02 Catena di comando
18 dicembre 2015, Alpi svizzere...
La 7a Compagnia Speciale SS del sergente maggiore Hartmann si era radunata all'interno di una delle stanze situate presso il sistema di shelter sotterranei di Meiringen, fuori imperversava una violentissima tempesta di neve che rendeva difficile le comunicazioni.
Sono passati due mesi da quando il generale Garma Zabi si è sacrificato...uo sacrific... non rimarr...
“Insomma! Riusciamo a prendere sto segnale TV o no?” urlò Hartmann contrariato ad alcuni addetti civili della base, in fondo stava parlando Ghiren Zabi alla TV, mica l'ultimo dei federali.
“Siete stati voi a distruggere tutti i satelliti di comunicazione...” ribatté la giovane civile, incaricata delle pulizie, accendendo l'aspirapolvere e facendolo passare tra i piedi delle SS come se niente fosse.
Hartmann stava per ribattere qualche cosa, ma poi lascio perdere, anche se avrebbe voluto piantare un colpo di pistola nella nuca della giovane locale.
Dopo qualche minuto Hartmann si alzò in piedi, non poteva lasciar passare quell'affronto e si era deciso a fargliela pagare cara, ma ormai la ragazza se ne era andata e proprio in quel momento entrò uno dei suoi uomini incaricato della sorveglianza ricoperto di neve.
“Sergente! È appena arrivata un fuoristrada del comando centrale, li ho accompagnati allo shelter 1,  credo che ci sia un generale tra le persone del fuoristrada”.
“Credi?”.
“Erano ricoperti di neve più di me, sembra che abbiano avuto dei problemi con la capotte”.
Hartmann andò subito a ricevere il generale ed i suoi uomini, nel frattempo al generale un premuroso addetto della manutenzione della squadriglia caccia dislocata in sede provvide a portare una tazza di cioccolata calda.
Presso il grande shelter interrato, infatti, si trovavano alcuni BF-2002, dei BF-1980 (bimotori a elica da addestramento e pattugliamento) ed un paio di F-18 ex-svizzeri che venivano usati dalla Reich Luftwaffe a scopo di prova e per l'addestramento dei piloti al combattimento contro i mezzi nemici.
“Prego! Entri pure” esclamò Hartmann facendo accomodare il generale nella briefing room della base, non prima però di aver dato al generale ancora qualche cosa di caldo da bere.
“Grazie, si sieda anche lei. Come avrà ben immaginato, guardando le mie mostrine, sono stato inviato qui dal quartier generale centrale... quello che lei non sa è che sono stato inviato per riferirle le ultime decisioni riguardanti il piano '33' e la sua unità”.
“Devo dedurre che quindi il piano non è più sotto solo il controllo delle SS...”
“Esattamente, deve sapere che a molti non è piaciuto che dopo il ritrovamento di quei documenti a Roma non siano stati fatti progressi; Dozle Zabi in persona ne ha parlato con Cecilia Zabi e si sono ritrovati perfettamente d'accordo sul da farsi.
Primo: questa diventerà una operazione interforze.
Secondo: alla sua unità verrà assegnato il tenente Steiner Hardy... lei manterrà il comando dell'unità, ma Steiner assumerà il comando delle operazioni...”.
Hartmann rimase di stucco, in pochi secondi si scoprì esautorato del suo posto di comando, il generale si accorse dell'incredulità di Hartmann, ma continuò a parlare come se nulla fosse.
“Il tenente è già presente qui nella base, è arrivato a bordo della mia jeep insieme ad un paio di suoi uomini”.
“Perché?” domando Hartmann con un velo di disperazione.
“Sembra che agli alti gradi non siano andate giù alcune sue sceneggiate e violenze condotte ai danni di civili... come lei ben saprà qua abbiamo già abbastanza nemici e gente pronta ad unirsi ai gruppi di guerriglia, non è certo nostra intenzione spingerli ad entrare in tali gruppi”.
Hartmann rimase di stucco, non sapeva cosa ribattere.
“Comunque, cambiando discorso, i nostri gruppi di indagine hanno scoperto qualche cosa di interessante. Guardi lei stesso” e dicendo ciò porse alcuni documenti ad Hartmann, “Interessante, nevvero? Purtroppo la banca in questione è stata trafugata da elementi dell'esercito svizzero prima che noi entrassimo a Berna”.
“Ma dove possono essere finiti? Dubito che siano ancora in tale territorio...”.
“Invece credo che debba ricredersi, qualche giorno fa abbiamo catturato una spia federale che abbiamo scoperto dall'interrogatorio era diretta in Svizzera. Inoltre se abbiamo dispiegato in tale regione la sua unità ci sarà stato pur un motivo” ribatté il generale.
“Per prendere tali documenti?”.
“Non ce lo ha saputo dire, la sua missione consisteva solo nell'incontrare alcuni membri di un gruppo di guerriglia che dovevano consegnarli qualche cosa di importante. Al tenente Hardy ho già dato tutte le informazioni del caso e ha già sviluppato un suo piano”.

17 febbraio 1946
Ugo Bostacchi uscì dalla sede dellla banca centrale svizzera di Berna, fuori dalla banca lo stava aspettando un suo 'amico', in realtà era la sua guardia del corpo incaricata anche di tenerlo sott'occhio dal PCI.
“Fatto?” li domandò la 'guardia del corpo'.
“Fatto, eccoti il documento e la chiave”.
Ugo immaginava a chi fosse destinato il documento che consentiva a chi lo possedeva di accedere al cassetta blindata del caveau della banca ed una parte di lui avrebbe voluto avere i dettagli del resto dell'operazione, ma d'altronde sapeva che meno si sapeva meglio era: lui doveva solo depositare in banca quello che li avevano affidato e poi la sua 'guardia del corpo' avrebbe pensato a far arrivare il documento a colui a cui doveva arrivare.
In fondo Ugo non era altro che un emissario del PCI andato in Svizzera grazie alla sua doppia nazionalità con lo scopo ufficiale di raccogliere contatti con le formazioni di sinistra locale.

26 aprile 1946
L'addetto del NKVD dell'ambasciata sovietica in Svizzera guardava soddisfatto il documento che li era giunto sulla sua scrivania, era passato un po' di tempo da quando quei documenti erano stati depositati presso il caveau della banca ora non doveva far altro che mandare qualcuno a ritirarli.
“Mi raccomando solo una parte... sono stato chiaro?” rammentò l'addetto ad un suo uomo di fiducia: non poteva permettersi di perdere tutti quei documenti, era meglio prendere delle precauzioni.
Verso le quattro di pomeriggio il ragazzo, un simpatizzante locale comunista che aveva già svolto alcuni incarichi per conto dell'NKVD, entrò dentro la sede della banca centrale svizzera a Berna.
Al cassiere senza dire una parola porse il foglio e la chiave che li era stata consegnata; il cassiere si alzò in piedi e accompagnò il ragazzo all'interno del caveau della banca.
“Cassetta 297... cassetta 303... cassetta 304! Ecco è questa!” esclamò il cassiere aprendo la cassetta con una sua chiave e la chiave che li aveva dato il ragazzo (era una cassetta a doppia serratura).
“Grazie”.
Il ragazzo ringraziò il cassiere e prese una parte dei documenti che subito provvide a mettere in una busta.
Uscendo dalla banca si guardò in giro con aria circospetta, sapeva che c'erano alte probabilità che fosse seguito da spie nemiche, ma a furia di guardarsi intorno non guardava bene dove andava e andò a sbattere contro un anziano signore perdendo la chiave che volò via dalla tasca del suo giubbotto.
Il ragazzo guardò con gli occhi sbarrati da terrore la chiave infilarsi in un tombino.
“E ora chi lo sente Timov?” pensò il ragazzo disperato, poteva avere ancora il documento che li consentiva l'accesso alla cassetta blindata, ma se non aveva la chiave quelli della banca neanche per tutto l'oro del mondo li avrebbero permesso di scassinarla.

20 dicembre 2015
“Allora, come già vi ho riferito gran parte delle unità che difendevano Berna e che sono riuscite a fuggire sembra che si siano rifugiate su questi monti, dove hanno stabilito una importante base operativa.
Il nostro obiettivo sapete tutti qual'è e non sto a ripetervelo.
L'unica cosa che vi ripeto è la formazione che dobbiamo tenere, la fanteria con i mezzi da trasporto leggeri Sd.kFz 285 apre e controlla la strada ai nostri quattro MS, ci sono tre possibili posti dove possono aver stabilito la loro base principale, ma solo uno è veramente difendibile: il numero 2 e sarà il primo che attaccheremo; inoltre bisogna tenere presente che possono aver stabilito basi e avamposti minori qua e la. Inoltre in questa zona ci sono diversi vecchi bunker risalenti agli anni '30 e '40 quindi state attenti.
Ricordate inoltre che dobbiamo fare più prigionieri possibili, quindi quando si verifica la possibilità non esitate a catturare i soldati nemici”, Steiner era dubbioso sull'effettiva capacità operativa dell'unità dopo aver visto i metodi operativi fin li usati da Hartmann (che da bordo del suo SP-04 si mangiava le unghie per la rabbia di non essere più lui al comando effettivo dell'unità).
Nonostante ciò Steiner, dopo averne parlato con i suoi due uomini di fiducia che l'avevano seguito nell'unità (Andy Strauss e Mikhail Kaminsky), decise lo stesso di eseguire l'operazione; i tre erano piloti di MS da sempre considerati eccellenti, ma purtroppo disponevano ancora dei vecchi SP-03 al contrario di Hartmann che avendo perso il comando dell'unità nelle ore precedenti all'operazione continuava a rimarcare il fatto che lui avesse un SP-04 cercando di far sentire inferiori i tre.
La 7a compagnia si mise in movimento, entro un paio, massimo quattro ore dovevano arrivare nei pressi del passo del San Gottardo dove si trovavano le forze nemiche.
Inizialmente tutte le forze militari del paese elvetico erano state annientate o si erano dovute darsi alla macchia, ma con l'inizio dell'inverno (anticipato, tra l'altro a a causa delle polveri rilasciate nello schianto dei meteoriti sulle principali basi militari e obiettivi strategici di Europa, Russia, Cina e India) le rimanente forze militari ex-elvetiche, rimpolpate da migliaia di civili che si erano dati alla macchia, avevano rialzato la testa e avevano ripreso il controllo delle principali vie di comunicazione in alta quota; in questo erano stati aiutati anche dalla fitta rete di rifugi e bunker costruiti dagli elvetici fin dagli anni '30 (durante la guerra fredda ne furono poi costruiti degli altri studiati per il nuovo tipo di guerra che si era prospettata, ma quelli degli anni '30 e '40 non furono smantellati), che prima dell'inverno avevano dato protezione e dopo servirono a difendere i principali avamposti.
I nazisti avevano provato a controllare ed ispezionare tutti i bunker, ma era una impresa veramente impossibile: bunker, casematte, piccoli punti di osservazione, ect... non se ne contavano e spesso anche gli stessi civili interrogati, anche quando rispondevano in buona fede (rari casi), non riuscivano a farne un elenco completo o a indicarne la posizione precisa.
Le uniche strutture sotterranee di cui i nazisti erano riusciti a prendere pieno controllo erano alcune grosse strutture militari e svariati rifugi anti atomici.
Ricognizioni aeree ne vennero effettuate in quantità, ma certi ridotti degli anni '40 erano costruiti così bene da confondersi con delle normali rocce anche da distanze ravvicinate.
“Forza! Forza! Con quei 285!” urlò Hardy via radio vedendo i mezzi dei fanti che rischiavano di essere bloccati dalla neve (nessun servizio spazzaneve era stato organizzato dalle autorità naziste).
“Facciamo il possibile!” li urlò di rimando il comandante della sezione della fanteria: Fester Jager soprannominato 'zio Fester'.
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« Risposta #4 il: 07 Ottobre 2007, 18:34:44 »

2a parte


La 7a compagnia cominciò a risalire la strada che portava al passo del San Gottardo, la perdita di quel passo era stata una frustrazione per il comando nazista in Europa, infatti le truppe naziste vennero lanciate diverse volte all'attacco, ma tutte le volte vennero bloccate.
La missione si presentava quindi ad alto rischio, ma agli attacchi precedenti non avevano partecipato i MS di cui i Landser erano sprovvisti e questo poteva essere un punto a favore di Steiner: ciò voleva dire che i guerriglieri nemici non avevano la più pallida idea di come affrontarli.
Steiner sapeva inoltre che i nemici potevano essere appostati in qualsiasi punto, ma tant'è bisognava riprendere il passo, loro avrebbero attaccato da nord e se ce ne fosse stato bisogno la 85a Brigata SS Landser avrebbe provveduto a supportare l'azione con una azione diversiva da sud.
La battaglia fu violenta, dai bunker mimetizzati si sviluppo un fitto fuoco contro le unità della 7a compagnia, ma come aveva previsto Steiner i guerriglieri non sapevano come affrontare gli SP e alla fine Steiner stesso riuscì a distruggere un paio di piccoli bunker su cui reggeva la linea difensiva avversaria e la velocità di movimento degli SP impedì ai guerriglieri ogni possibilità di ritirata.
Ciò non voleva dire che la battaglia fosse concluse e diversi gruppi di altri guerriglieri cominciarono a scendere dai pendii a fianco del passo per tentare un contrattacco, ciò mise in forte difficoltà gli SP e il gruppo di fanteria, infatti finché i guerriglieri nemici non rallentavano o si fermavano era molto problematico fermarli e come se non bastasse: valanghe!
Si, perché i guerriglieri usando sapientemente sci e snowboard provocavano forti valanghe e slavine, che seppur non potevano raggiungere le formazioni naziste bastava per mandarli in panico.
Bisogna considerare che i nazisti non erano abituati a quelle condizioni ambientali e se per un essere umano cresciuto sulla Terra presso ambienti alpini assistere ad una valanga anche da una posizione sicura è comunque un avvenimento emozionante e che tende a generare una certa paura o comunque timore, si può immaginare quale fosse la reazione di persone che la neve era la prima volta che la vedevano e che delle valanghe avevano letto solo poche e scarne righe sui libri di testo...
“Comandante Hardy! Non riesco più a tenere a bada i miei uomini!” urlò Fester via radio.
Steiner non sapeva neanche lui cosa fare e pur sapendo di trovarsi dentro un 'gigante di metallo' supponeva che finire con un SP dentro una valanga non fosse un'esperienza propriamente sana.
“Ordini ai suoi uomini di muoversi verso la base nemica n°3, da li sarete in una buona posizione e al sicuro dalle valanghe”.
“Ma è impazzito? Non siamo abbastanza forti per conquistare quella posizione! Dovrete farlo voi con i vostri SP”.
“Negativo! Se vi può consolare fra poco dovrebbero arrivare in zona alcuni caccia per aiutarci”.
Hartmann pensò che quello fosse il momento buono per mostrare chi comandava veramente, il suo SP si mise allo scoperto e cominciò a muoversi verso la base nemica n°3 risalendo lungo la via più veloce: l'irto pendio alla sua destra.
“Yauhh!” fu l'unico urlo di un solitario snowboarder che usando il suo snowboard con estrema perizia e facendo in modo di non esserne coinvolto diede il via ad una grossa valanga sul pendio che l'SP-04 stava risalendo
Erano anni che non scendeva così tanta neve e l'SP-04 fu investito da una immensa valanga venendo trascinato a valle per un centinaio di metri, nella discesa subì pesantissimi danni e tra l'altro perdendo un avambraccio.
“Aiutatemi! Qualcuno mi tiri fuori di qui!” urlò Hartmann spaventatissimo, in un qualche modo non perse i sensi.
La battaglia proseguì ancora per un ora e si sbloccò solo grazie all'intervento dei caccia e dell'azione dei Landser che contribuirono a rompere ogni difesa dell'avversario.
Accurate ispezioni furono eseguite dopo la battaglia, ma nessun documento venne alla luce...

3 gennaio 2016
La 7a compagnia si stava 'leccando le ferite' nella base di Meiringen, le perdite in fatto di uomini  (6 morti e 15 feriti) ed in mezzi erano state elevate e ora dovevano aspettare i rinforzi promessi dal comando delle SS per il teatro europeo, ma quel giorno non arrivarono i rinforzi promessi.
Arrivò però un ufficiale con un messaggio per Hartmann e per Hardy, un messaggio che non li fece piacere: gran parte dei loro sforzi secondo il messaggio erano stati vani.

21 aprile 1945
Il Blohm & Voss BV 138 stava passando in mezzo a diverse turbolenze, il volo attraverso il Mar del Nord non si prospettava semplice, come se non bastasse per fare rifornimento dovevano incontrarsi con un sommergibile più o meno a meta strada cosa non semplice viste le condizioni meteo.
Benito Ghingi osservava il mare sotto di lui con un velo di malinconia al suo fianco Arturo Detti stava ricontrollando che ci fossero tutte i suoi appunti e libri.
“Ma sta tranquillo... è la quarta volta che ricontrolli nell'ultima mezz'ora e poi se anche avessi dimenticato qualchecosa non potremmo mica tornare indietro...”.
Arturo fulminò Benitò con i suoi freddi occhi verdi rispondendoli con voce leggermente alterata.
“Dobbiamo re-incontrare quel tale professore Minovsky, lo sai meglio di me com'è fatto”.
“è un po' fissato con la perfezione...”
“UN PO' FISSATO? L'altra volta che lo abbiamo incontrato quasi mi saltava addosso perché avevo un, UN, foglio fuori posto tra i miei appunti”.
“Tenetevi forte! Abbiamo trovato il sommergibile!” urlò in un italiano strascicato il pilota del BV-138 che cominciò a scendere di quota.
Poco dopo il BV-128 ammarrò fermandosi proprio a fianco del sommergibile ad attenderli c'era il comandate dell'unità del sommergibile che subitò andò a stringere la mano al pilota, mentre i suoi uomini si affrettavano a rifornire l'aeroplano.
“Fatto buon volo?”.
“Ne ho fatti di peggio... anche voi siete diretti la?” domandò il pilota stringendo la mano al comandante del sommergibile.
“Si, dobbiamo aspettare solo un altro aereo che dovrebbe arrivare domani e poi andiamo anche noi”.
“Allora ci si rivede”.
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« Risposta #5 il: 09 Ottobre 2007, 19:45:36 »

3° episodio “Una luce nell'oscurità” (avviso: in alcuni punti può essere pesante a livello di situazioni)

17 aprile 2016
Lo LT-50 proveniente dal cosmodromo di Odessa atterrò a Pratica di Mare alle 11.40 di mattina in una splendida giornata di sole; Bernard Wieseman scese dalla scaletta dell'aereo guardandosi intorno incuriosito, era appena arrivato sulla Terra e ancora non si era abituato alla sensazione di essere in luogo aperto e senza bisogno della tuta spaziale.
La ventina di uomini scesa dall'aereo si mise in fila davanti ad un tavolo dov'era seduto un alto ufficiale che aveva il compito di smistare i militari, tutti erano piuttosto nervosi eccetto per un paio di anziani militari probabilmente già in servizio sulla Terra da un po'.
“Documento e foglio di assegnazione” domandò l'ufficiale quando fu il momento di Bernard, il ragazzo li porse immediatamente i suoi documenti ed il foglio di assegnazione.
“Uhm... lei è stato assegnato alla 7a compagnia speciale delle SS vedo...”.
“Esattamente”.
“Io non tratto lo smistamento per i reparti speciali... Dutz! Accompagna il caporalmaggiore al comando distaccato delle SS dell'aeroporto, li sapranno cosa fare”.
Dutz era un vecchio storpio probabilmente ancora nell'esercito solo perché aveva rotto le scatole per restarci, Bernard provò a farli qualche domanda, ma Dutz non li rispose o meglio lo guardò male e poi li spiegò che “se sei veramente nelle forze speciali non dovresti fare tutte queste domande”.
“Simpatico il vecchio” pensò Bernard ironicamente mentre si distaccava dalle sue cure per entrare dentro una tenebrosa stanza del complesso di costruzioni militari dell'aeroporto.
Nella stanza un giovanissimo sottufficiale era immerso tra migliaia di fogli di vario genere, l'ordine non esisteva, “Lei è?” domandò a Bernard appena lo vide entrare, il sottoufficiale neanche si alzò e tanto meno si esibì nel classico saluto nazista prendendo Bernard alla sprovvista.
“Caporalmaggiore Bernard Wieseman matricola GK468T20, assegnato alla 7a compagnia speciale delle SS in qualità di pilota di SP” esclamò il ragazzo esibendosi in un timoroso saluto nazista, visto com'era stato accolto li era venuto qualche dubbio sul 'bon-ton' da adottare.
“Ah, si.. si... certo, la stavo aspettando... in questo momento la 7a non è raggiungibile, nel frattempo le è stata concessa una licenza di 6 giorni, per soggiornare può usare o i centri di passaggio della Wehrmacht a Roma, in ogni quartiere ce n'è uno, ma le consiglio quelli del quartiere Europa o quello del Tiburtino che sono attrezzati abbastanza bene ed è difficile dormire per terra... oppure si ficca in uno dei tanti alberghi che ci sono, si ricordi solo che il 24 aprile deve ripresentarsi verso le quattro di pomeriggio qui in aeroporto e venire da me per maggiori informazioni”.
“Ma... io non so neanche dov'è Roma!” esclamò Bernard tra l'incredulo ed il perplesso, cominciava a credere di essere preso in giro: in fondo, anche se inesperto e giovane, era pur sempre un pilota di SP, mica l'ultimo della logistica.
“Esce dall'aeroporto seguendo la strada che vede scorrere fuori da questa caserma, quindi segue le indicazioni con su scritto Roma”.
“Ma ci devo andare a piedi? É vicina Roma?”.
“Credo una ventina di chilometri, se riesce a scroccare un passaggio meglio per lei; comunque prenda questo foglio che attesta la sua licenza”.
Bernard prese il foglio senza proferire parola, d'altronde cosa mai poteva dire se non insultare quel ragazzo?
“Aspetti un attimo!”, li urlò il sottufficiale, “Si ricordi di girare sempre armato e che se ha bisogno di qualche cosa può sempre venire qua”.
“Sicuramente” li rispose Bernard chiudendosi la porta alle sue spalle, “Che demente” aggiunse il ragazzo allontanandosi.
Intanto a qualche migliaia di chilometri di distanza, presso gli Urali, in quel che era un segreto centro di ricerche avanzate russo (presso un paese che come tanti altri non compariva neanche sulle mappe geografiche e da dove non ci uscivi neanche morto) si stava tenendo una dura battaglia.
“Dispongono di SP cingolati! Che facciamo?” urlò Andy Strauss via radio preoccupato di come si stava mettendo la situazione, l'SP-04 di Hartmann era di nuovo fuori combattimento e gli SP-03 e la fanteria stavano finendo le munizioni.
“Resistete ancora due minuti, non esponetevi, cercate riparo, ma non arretrate! Fra poco dovrebbero giungere i caccia dell'aviazione a supportarci!” rispose Steiner tranquillamente.
“Non possiamo resistere altri due minuti!” urlò Fester via radio, ormai i mezzi cingolati erano andati tutti perduti e il nemico sembrava avere completamente il controllo delle vecchie infrastrutture del centro di ricerca”.
“Fate in modo di farli uscire allo scoperto” ordinò Steiner, ormai i caccia dovevano essere in prossimità della zona dei combattimenti, ed infatti dopo 20 secondi alcuni ST-03X che impedivano e che respingevano le forze naziste saltarono in aria sotto i colpi dei missili AT a guida termica dei cinque BF-2002 che comparvero nel cielo.
“All'attacco! Nessun nemico ci deve fuggire! Fate più prigionieri possibili!” ordinò Steiner via radio.
Ma le cose non andarono come ordinato da Steiner, Hartmann sceso dal suo SP danneggiato si riunì alla sezione di fanteria della compagnia prendendone il comando (senza chiedere il permesso a Steiner).
“Ammazzate tutti gli uomini e se trovate qualche donna...” fu l'ordine di Hartmann ai fanti che cominciarono a perlustrare le costruzioni del complesso.
Steiner non si accorse di niente, con il suo SP stava perlustrando il perimetro della base, facendo alcuni prigionieri, soldati nemici che stavano tentando di fuggire soprattutto.
Quando decise di perlustrare personalmente l'interno della base si ritrovò davanti ad uno spettacolo per altri occhi terribile, ma per i suoi, che ormai ci avevano fatto l'abitudine, era solo un fastidio; non era la prima volta che Hartmann ordinava massacri del genere all'insaputa di Steiner, non che la cosa facesse differenza, Steiner aveva solo il comando operativo e tutto quello che succedeva dopo la battaglia era affar di Hartmann.
Steiner si appoggiò ad un muro accendendosi una sigaretta, tristi urla di terrore si sentivano in lontananza...
“Steiner non si vuole divertire? Abbiamo trovato del buon materiale femminile!” esclamò Hartmann fermandosi davanti a Steiner.
Steiner non li rispose, i due si guardarono negli occhi per alcuni interminabili secondi: Hartmann guardava Steiner con occhi di sfida e Steiner guardava Hartmann con i suoi occhi di ghiaccio che non lasciavano trasparire i propri sentimenti.
All'improvviso Steiner prese la parola, poche parole, ma pesanti “Indipendentemente da come finirà la guerra, tu non sarai tra coloro che passeranno sotto l'arco di trionfo” e detto ciò si voltò dirigendosi verso l'uscita.
“Ma chi si crede di essere” mormorò Hartman dirigendosi da dove era venuto, aveva del 'buon materiale' di cui 'usufruire' e aveva già perso troppo tempo.
Steiner uscì fuori dalla struttura centrale, strazianti urla si sentivano rimbombare dall'interno.
“Tutto bene comandante?” domandò  Mikhail, al suo fianco c'era anche Andy, con l'arrivo di una ulteriore pattuglia di SP, avevano deciso di scendere dai loro mezzi per riposarsi un po', ma entrambi erano neri in faccia: avevano capito benissimo quel che stava succedendo.
“Sto bene. Grazie” rispose Steiner freddamente.
In realtà Mikhail e Andy sapevano cosa rodeva al comandante, in particolare due cose: il fatto che i suoi ordini non fossero stati eseguiti e che Hartmann stesse trasformando quell'unità in una di quelle dotate di peggior reputazione tra gli alti comandi (solo le Landser credevano ancora che quella fosse una unità d'elite).
“La violenza deve essere massima, ma solo se strettamente necessario e se non è possibile far altro” era una delle massime che aveva appreso stando nella divisione SP d'elite delle SS, la più temibile divisione del Reich, ma non per la sua condotta (che anzi era migliore di tante unità federali), ma per le sue capacità militari.
Ed era una delle massime di cui capì il significato quando vide la divisione di Garma accerchiata, proprio quel Garma che aveva gassato migliaia di persone pur sapendo che non avrebbe ottenuto alcun vantaggio militare...
“Te la farò pagare Hartmann, Divertiti! Stupra  pure! Ti costerà il comando e un giorno anche la vita” mormorò Steiner osservando gli uomini di Hartmann mentre uscendo dalla struttura di ricerca trascinavano il cadavere di una donna nuda per gettarlo via.
Intanto nei pressi di Roma un giovane caporalmaggiore delle SS camminava senza apparente meta verso Roma o almeno questo era nelle sue intenzioni, se avesse visto delle indicazioni avrebbe scoperto che stava andando in senso opposto (una delle occupazione delle unità di partigiani locali era quella di eliminare i cartelli stradali, era la cosiddetta 'guerra del senso unico' detta così a seguito di uno spettacolare incidente tra due semi-cingolati tedeschi tra le vie di Roma...); Bernard continuò a camminare per alcune ore preso dai crampi della fame, finché giunse presso un piccolo ospedale da campo della croce rossa, i suoi occhi si illuminarono: vide un anziano medico di probabile origine tedesca e se li andava bene probabilmente era uno dei tanti medici inviati dal Reich per coordinare e controllare la miriade di ospedale da campo.
Bernard non fece in tempo a prendere la parola che il medico si avvicinò a lui di corsa.
“Tu! Sai come si praticano bendature e simili?”.
“Ehm... si, ma io veramente...”.
“Cosa? Ci serve una mano! Sei in licenza vero? Si vede da lontano un miglio, basta vedere il tuo sguardo perso nel nulla! ... e poi scusa se te lo dico, ma un soldato del Reich sano di mente non girerebbe praticamente disarmato in queste zone!”.
“Ecco, in realtà mi sono perso...”.
“Me lo racconti dopo! Prendi questo camice e questi guanti!”.
Bernard si trovò quindi a dover assistere il medico in un operazione chirurgica ad un uomo colpito probabilmente da alcune schegge, non aveva mai visto quantità di sangue tali in vita sua: li passò la fame che lo attanagliava.
Finita l'operazione il ragazzo uscì di corsa dalla piccola tenda (sotto al quale ci saranno stati si e no otto pazienti) a prendere una boccata d'aria.
Un ragazzino si avvicinò a lui con sguardo curioso, era rarissimo vedere dei soldati aggirarsi in quelle zone fuori mano.
“Che vuoi?” li domandò Bernard togliendosi il camice.
“Quella è una pistola vera?”.
“Si, perché?”.
Il bambino sgranò gli occhi guardando la pistola nella fondina, era il suo oggetto del desiderio.
“Me la fai toccare?”.
“Non ci penso neanche!” esclamò Bernard stupito da quella richiesta e dal fatto che il bambino sapesse così bene il tedesco e soprattutto lo colpì quel forte accento che, grazie agli stage di tedesco 'terrestre' che aveva compiuto, poté identificare come del Nord della Sassonia .
“E dai! Ti prego! Solo un secondo!”.
“Lascia stare il soldato!” urlò all'improvviso l'infermiera che aveva aiutato il medico, insieme a Bernard, uscendo dalla tenda.
“Non mi da fastidio, stia tranquilla” disse Bernard voltandosi all'indirizzo dell'infermiera.
“Be, ecco...” in effetti Bernard riuscì a 'smontare' tutte le preoccupazioni dell'infermiera con poche parole: non erano molti i soldati nazisti che poteva aver conosciuto l'infermiera che rispondevano così gentilmente.
“Si figuri, grazie lo stesso... piuttosto mi può dire dove mi trovo preciso? Sa? Volevo andare a Roma, ma credo di aver sbagliato strada” spiegò Bernard che rimase piacevolmente colpito dall'avvenenza della ragazza, cosa a cui prima non aveva fatto caso, molto più preso dall'operazione a cui stava assistendo.
“Effettivamente si trova a cinquanta e più chilometri da Roma, non saprei dirle di preciso. Penso che abbia sbagliato strada”, il tedesco della ragazza al contrario di quello del bambino era molto scolastico e con un leggero accento che a Bernard ricordava quello che riproduceva un famoso personaggio di un programma per bambini che faceva la parodia di Winston Churchill.
“Allora benedetto ragazzo! Tutto bene? È la prima volta che vedevi operare?” domandò il medico uscendo dalla tenda e dirigendosi verso una fontanella per pulirsi dal sangue del paziente appena operato.
“Bene, grazie”.
“Io sono Kust Werner, ex dottore militare, ma ormai sono troppo vecchio per i campi di battaglia e vedo che hai già fatto la conoscenza di Christine e di Alfred, la nostra mascotte” esclamò il medico accennando una risata vedendo Alfred che continuava a rimirare con occhi sognatori la pistola nella fondina.
“Alfred? Christine? Non siete di queste parti direi...” domandò Bernard all'infermiera.
“No, ero una hostess della linea aerea britannica, al momento dell'attacco mi trovavo a Fiumicino, mentre Alfred è stato ritrovato poche ore dopo l'attacco per le vie di Roma, i suoi genitori erano tedeschi, ma nel trambusto di quelle ore, com'è più la parola? Scomparsi mi pare” rispose Christine sforzandosi di non fare errori di pronuncia.
“Capisco” annuì il giovane delle SS “E come mai siete qui?”.
“Servivano delle infermiere e io conoscevo le pratiche base e poi non mi andava di stare in cella di detenzione, se non sbaglio si dice così, erano già due mesi che ero in cella e non avevano ancora intenzione di rilasciarmi...”.
“... in quanto ad Alfred lo trovai in un affollato posto medico a Roma, ho creduto che l'aria di campagna li facesse meglio” interruppe il medico.
“Scusami se ti riempio di domande... ma come mai un centro medico in un posto così fuori mano? Questo paesino sarà si e no di duecento anime...”.
“Non chiederlo a me, chiedilo a chi ci comanda... ma non ci hai ancora detto come ti chiami!”.
“Scusatemi, mi chiamo Alfred Wieseman e per un po' di giorni sono stato rilasciato in licenza, sarei dovuto andare a Roma, ma come ho già detto credo proprio di essermi perso”.
“Senti Christine perché non vai a preparare da mangiare per noi ed i pazienti? Ormai il sole sta calando. Prepara anche per Bernard ovviamente!”.
“Ma...” cercò di ribattere Bernard per cortesia (ma in cuor suo mettere qualche cosa sotto i denti era quel che voleva: li erano tornati i crampi della fame).
“Niente ma, sei nostro ospite! Comunque, se vuoi, domani mattina dovrebbe passare la solita pattuglia della decima, potresti farti dare un passaggio da loro, ma, se vuoi, puoi rimanere qua anche fino alla fine della licenza. Un paio di braccia in più ci tornano sempre utili!” esclamò il vecchio Kust che in pratica obbligò Bernard a restare, Kust nonostante fosse vecchio si faceva notare per un piglio caparbio ed una forma atletica da far invidia ad un giovane: tendeva a mettere soggezione a chiunque parlasse.
“Allora me la fai almeno vedere la pistola, senza toccarla?” domandò Alfred (leggermente arrabbiato per essere stato messo in disparte) al militare.
“Dipende se Christine e Kust sono d'accordo” rispose Bernard.
“Beh, ecco io non... non saprei... non vorrei che qualcuno si facesse male”.
“CHRISTINE!” urlò il bambino arrabbiato.
“Christine ha perfettamente ragione” confermò Kust con grande dispiacere di Alfred.
“Sarà per un'altra volta” mormorò Bernard facendo l'occhiolino al bambino.

18 settembre 1973
Per l'Argentina quello era un momento di forte fermento e ciò valeva anche per la struttura di ODESSA, a ogni cambio di presidente bisognava incrociare le dita e sperare che rimanesse qual'amico, conoscente, familiare, ect... nella posizione politica o militare in cui si trovava.
“Ma intanto qui cambian tutti, ma poi tutto rimane com'è adesso” mormorò Juan ascoltando la radio: a breve si sarebbero tenute le elezioni il cui favorito era Peron, tutto sommato ad ODESSA andava più che bene come presidente argentino, poteva esserci sempre di peggio dal loro punto di vista.
Manuel che stava discutendo con Juan animatamente non li andò giù che “quel vecchio panzone” che era Juan cambiasse discorso, in quella torrida notte doveva già pensare ai noiosissimi insetti che continuavano a ronzare che ai problemi esistenziali di Juan.
“Non cambiare discorso! Ti rendi conto di cosa abbiamo tra le mani? Perché no? Ti tiri indietro ora?”.
“Si, mi tiro indietro se è questo che vuoi sapere, finché si trattava di far sparire qualcuno...” ribattè Juan.
“... e qua si tratta di far sparire dei documenti...”.
“No, stupido che non sei altro! Anche un bambino di prima elementare capirebbe cosa rappresentano quei disegni e quelle formule, basta leggere l'introduzione! Hai presente i raggi degli alieni nei film? Finché si tratta di portare un po' di uomini in paradiso, ma quello no! C'è già la bomba H che basta e avanza”.
“Dove hai nascosto i documenti? DIMMELO!” urlò Manuel, ora si stava per perdere le staffe, era da un'ora che la discussione andava avanti.
“Non te lo dirò mai...”.
“PARLA!” urlò Manuel estraendo la sua pistola.
“Ammazzami, non te lo dirò. Intanto ho fatto in modo che arriveranno dove potranno essere utili”.
“Dove? PARLA!”.
“MAI! E IN OGNI CASO ORA SONO GIA' IN VOLO PER GLI STATI UNITI!”
Un colpo riecheggiò nell'oscurità, sui giornali del giorno dopo comparve un piccolo trafiletto in cui si diceva che un certo Manuel Jafer aveva ucciso un certo Juan Pablo per questioni di soldi, ma nessuno: ne la polizia, ne i giornali approfondirono il caso, tutti erano concentrati agli avvenimenti politici di quei giorni e alla confusione che essi generavano.
Intanto un anonimo aereo postale decollava dall'aeroporto di Buenos Aires...
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« Risposta #6 il: 19 Marzo 2008, 10:43:44 »

è strano cominciare un lavoro dal capitolo 6, ma vabbè.
Probabilmente per un (bel) po' non ci saranno nuovi capitoli di Shadow from the Past  (ultima edizione) essendo questo scritto un po' per 'ispirazione' (notare che cambiando qualche nome e dettaglio qua e la potrebbe essere benissimo una side story dell'Universal Century, magari ambientata su Zeon)

Capitolo 6: Wanderer History
8 ottobre 1957

Nell'immensità dello spazio una nuova colonia stava per essere completata, era il bunch 14 'Reinard Heydrich' del complesso coloniale di Side 3.
I lavori però erano in fermento a causa di grossi ritardi accumulati durante i lavori e sulla piccola stazione d'appoggio ai lavori sembrava di essere in un formicaio, gli esausti addetti al direzione dei lavoro non esitavano a punzecchiarsi per stare svegli e per non commettere errori, purtroppo per loro il caffè all'epoca era ancora un bene di lusso nei complessi coloniali nazisti.
Gruppi di operai nello loro scomode tute spaziali e plotoni di wanderer, piccoli mezzi sferoidali con un paio di grossi parallelepipedi per il propellente e l'ossigeno ai lati, dotati di propulsori e di un paio di arti meccanici equipaggiati con pinze, si muovevano continuamente cercando di accelerare il ritmo dei lavori, il ministero per la colonizzazione era stato chiaro: se non avessero completato i lavori in tempo molte teste sarebbero cadute e pure elementi della Wehrmacht e della Reichpolizei vennero inviati sulla stazione per controllare i lavori (e i lavoratori).
La stazione d'appoggio era una grossa struttura a forma cilindrica dal diametro di circa duecentodieci metri e lunga circa cinquecentoquaranta metri, con una grossa apertura su una delle basi del cilindro che consentiva l'accesso all'hangar interno studiato appositamente per le wanderer, sul soffitto della struttura (ma era una questione di prospettive, a seconda di come ci si avvicinava poteva sembrare anche il pavimento), una decina di metri dopo l'apertura, c'era una grossa struttura vetrata che altro non era che la sala di controllo delle operazioni di lancio dei mobile suit.
Tale struttura inizialmente non venne concepita con questo ruolo, ma in realtà era uno dei primi prototipi di cilindro spaziale abitabile dotato anche di una modesta gravità artificiale, un decimo di quella terrestre, comunque la sala di controllo si trovava verso il centro del cilindro e perciò la gravita in quella sala era praticamente impercettibile.

Ovviamente la cosa non andava molto a genio agli addetti al controllo del 'traffico aereo' che vedevano in continuazione i loro fogli svolazzare al minimo soffio o spostamento e anche andare ai servizi igienici era un problema dovendo allontanarsi di molto dalla sala di controllo e con i tempi per tale evenienze che venivano cronometrati dagli addetti della polizei o della wehrmacht non era un bella vita.
“Squadra gialla, squadra verde, dovete uscire, usate il corridoio d'uscita n°2 e date il cambio alla squadra nera e alla squadra blu” ordinò via radio uno degli addetti, la sua voce tradiva la sua stanchezza.
In ogni caso la precisione con cui la sala di controllo della piccola stazione dirigeva l'uscita ed il rientro delle squadre di wanderer era svizzera ed i turni erano stati studiati appositamente per sfruttare al massimo la (scarsa) autonomia delle macchine.
Nessuno di quelli che lavoravano nella sala di controllo si voleva vedere assegnato ad altro compito, per esempio addetto alla manutenzione delle fogne delle colonie del Reich... compito ben poco gratificante e portatore di sempre cattive e perniciose malattie, ovviamente i volontari per tale lavoro erano sempre pochi e perciò spesso si veniva assegnati a tale compito con la forza, d'altro canto di importanza vitale per il funzionamento delle colonie lunari o spaziali che erano.
Tre wanderer, chiamate comunemente 'Ball', recanti, su ambedue i lati, una banda gialla orizzontale subito sotto alla croce uncinata, sfilarono lentamente, una dietro all'altra, davanti alla sala di controllo.
Da questa sala un paio di occhi, celati dalla visiera del berretto da ufficiale della Wehrmacht, si levarono per osservare dai monitor e dai grossi schemi cartacei per osservare il passaggio di quei strani mezzi.
Al giovane capitano della Wehrmacht, Saulius Surenas,  il loro grande oblò frontale ricordava l'occhio di un ciclope o anche l'oblò della nave da cui, poco più che un bambino, aveva visto le coste argentine avvicinarsi.
L'unico ricordo 'terrestre' della sua infanzia rimatogli.
Surenas fece una mezza capriola ritornando in asse con il resto con il resto della sala, si era stancato di vedere tutti gli altri al contrario.
Il lavoro che gli avevano affidato era, seppur di grande responsabilità, molto noioso, d'altronde controllare (e per certi versi dirigere) quella stazione era stato un bel colpo, almeno in confronto alla prospettiva di passare ore immobile come guardia del Fhurer.
Almeno si poteva svagare guardando il resto del mondo al contrario da quella sala di controllo che era praticamente a gravità zero, passatempo che, però, dopo qualche decina di minuti lo stufava e anche quel giorno non era diverso dagli altri.
Decise quindi di uscire dalla sala di controllo dirigendosi verso la camera di depressurizzazione per l'accesso all'hangar, quest'ultimo, negli ultimi giorni, a causa del ritmo dei lavori quasi mai veniva chiuso e reso accessibile senza bisogno del pesante casco spaziale, casco che Surenas indossò controvoglia, non tanto per il fastidio che imponeva, quanto per il colore, rosso acceso, che stonava fortemente con il colore grigio scuro della tuta spaziale della Wehrmacht che normalmente indossava; d'altronde misure di sicurezza imponevano almeno in qualche particolare colore accesi per rendere facilmente identificabile l'individuo o il mezzo nello spazio.
Surenas, infatti, quando si stufava di stare nella sala di controllo, si dava a lunghe passeggiate spaziali per controllare dall'esterno la stazione oppure usava una delle wanderer a lui assegnate per controllare i ripetitori radio di collegamento tra la stazione e le zone dei lavori.
“Vada per un po' di W” mormorò Surenas girando la grossa maniglia che permetteva l'accesso alla camera di depressurizzazione, in quel momento sentì una persona avvicinarsi alle sue spalle.
Il respiro grave e profondo subito li fece capire chi era e non ebbe neanche bisogno di voltarsi per sapere che era Jodel Rauch, un uomo sulla cinquantina della Reichpolizei.
“Oggi Ball?” domandò Rauch.
“Ball” confermò Surenas, i regolamenti imponevano che nessuno uscisse nello spazio da solo.
Rauch era come un'ombra per il giovane Surenas, sempre pronto a consigliarlo (cinquant'anni era una età incredibilmente alta sulle colonie spaziali di quei anni e si era considerata come dei veterani che le avevano viste tutte) e a fargli da secondo.
I due uomini entrarono dentro la piccola camera stagna attendendo che la luce rossa sul soffitto da rossa diventasse verde, bisognava attendere che la luce diventasse verde per accedere all'hangar delle wanderer.
Dopo circa un minuto la luce divenne verde, i due poterono accedere quindi all'hangar: l'immenso spazio era a pochi passi di fronte a loro, ma ormai c'avevano fatto l'abitudine per stupirsene, ma, comunque, una certa emozione la provavano sempre.
Alcune Ball erano ancorate in fila lunga una parete dell'hangar, Rauch non poté non guardarle con una certa diffidenza: era stato un cacciatore dei cieli, aveva pilotato filanti BF-109 sulla Manica e contro le formazioni di bombardieri Alleati sulla Germania e pensare di pilotare quei 'cosi' così poco aerodinamici, così poco aggraziati, li dava la nausea.
Nonostante fosse da anni ormai nello spazio non riusciva ancora a capacitarsi che l'aerodinamica era una cosa inutile nello spazio.
Rauch era un uomo vecchio, non tanto come fisico, ma come approccio alla vita spaziale, al contrario Surenas era arrivato sulle colonie da piccolo e non aveva preconcetti inutili che ne limitavano la capacità di ragionamento e di analisi.
“Uso di Wanderer camminatrici per compiti logistici”: era stata la sua tesi all'atto d'entrata nel corpo alti ufficiali della Wehrmacht.
Una tesi a suo modo rivoluzionaria e che aveva lasciato i suoi strascichi, infatti la tesi fu ripresa da un alto ufficiale degli uffici tecnici come base per la specifica di un nuovo mezzo di lavoro, in quei giorni in fase di collaudo finale, il W-02, che non a caso era dotato anche di due arti inferiori ed era capace di operare per breve tempo anche in ambiente gravitazionale.
Eppure Surenas era da giorni che pensava ad una ancora maggiore evoluzione dell'uso delle wanderer, ma non riusciva a focalizzarne bene l'utilità, ne intuiva le potenzialità, ma non aveva abbastanza dati pratici per focalizzare nuovi impieghi delle 'W'.
Forse anche per questo, in quegli ultimi giorni, aveva aumentato le uscite con il 'Ball' a lui assegnato.
Surenas, seguito da Rauch, si diede una leggera spinta con i piedi per raggiungere il suo wanderer grigio Wehrmacht, al contrario di quelli usati dagli operai dipinti in un forte arancione, comunque quei dettagli in rosso fuoco (il bordo dell'oblò, gli arti e l'apparato propulsivo) proprio non piacevano a Surenas.
Il giovane capitano tirò una leva e l'oblò si aprì, Rauch entrò per prima per sedersi nella postazione del copilota posta dietro a quella del pilota, mentre Surenas fece un giro di ispezione intorno alla wanderer per controllare che tutto fosse in ordine, poi anche lui entrò sedendosi nella postazione del pilota.
Le wanderer costruite per la Wehrmacht erano tutte del tipo biposto per l'addestramento, d'altro canto con l'apparato militare ridotto all'osso in fatto di mezzi di combattimento (la Wehrmacht aveva solo alcune autoblinde trasportate dalla Terra ed usate per compiti di rappresentanza e di ordine pubblico) cercava qualsiasi metodo per darsi un 'tono' e le wanderer biposto potevano essere un buon metodo per far sembrare che si stesse ricostruendo un'aviazione o qualcosa del genere.
“Controllo ossigeno e sistemi elettrici” domandò Surenas sul canale di comunicazione interna.
“Cinque ore d'autonomia d'aria e batteria al massimo della carica” disse Rauch dopo aver effettuato il controllo.
“Controllo stato propellente e razzi di spinta e d'assetto”.
“Serbatoi caricati al 100%, all'incirca dieci minuti continuativi di spinta assicurati. Razzi di spinta e d'assetto tutti operativi ed efficienti”.
“Controllo arti”.
“Operativi e funzionanti”.
“Controllo sistema radio e di comunicazione ottica”.
“Qui Tante a stazione, mi ricevete passo?”.
“Qui stazione, forte e chiaro” replicarono via radio dalla sala di controllo a Rauch.
“Sistemi radio funzionanti, cinque flares luminosi d'emergenza disponibili”.
“Pressurizzazione veicolo”.
“Wanderer pressurizzata tra cinque... quattro... tre... due... uno... ora” confermò Rauch che subito dopo si tolse il casco per avere un filo più di libertà, subito imitato da Surenas, ora potevano parlare liberamente senza bisogno di dispositivi di comunicazione vari.
“Controllo perdite”.
“Valori della pressione interna stabili, comunque...”, detto ciò Rauch prese un foglio dalla check-list lasciandolo sospeso, il foglio rimase fermo, solo un impercettibile movimento dovuto alla leggerissima gravità che comunque era presente, “Anche questa prova conferma che non ci sono perdite”.
“Perfetto” mormorò Surenas, “Qui Tante a stazione, chiediamo conferma per corridoio d'uscita numero uno”, c'erano quattro corridoi immaginari che le wanderer dovevano usare per uscire o per entrare, solitamente ce ne erano due in entrata e due in uscita, comunque visto che era già successo che un corridoio in uscita venisse usato in 'entrata', prima di compiere un grave incidente era meglio essere sicuri.
“Qui stazione, corridoi liberi, potete uscire”.
I razzi d'assetto laterale sinistri (superiore ed inferiore) si attivarono per una frazione di secondo dando alla wanderer una leggera spinta laterale, portandolo immediatamente nel corridoio numero uno, appena la wanderer fu in asse con il corridoio Surenas attivò per un'altra frazione di secondo i due razzi d'assetto laterale destri fermando la wanderer.
Il giovane controllò bene dall'oblò che non ci fosse nessuna wanderer in arrivo a quel punto con un leggero tocco sui comandi attivò il razzo di spinta spingendo la wanderer in avanti: in un attimo furono fuori dall'hangar dirigendosi verso la zona dei lavori.
Il lato oscuro della Luna, con i suoi enormi crateri, si stagliava minaccioso alla loro sinistra, visibile attraverso il piccolo oblò laterale, mentre poco sotto di loro (o anche sopra, dipende dai punti di vista) si stagliava, ancora più minacciosa, la colonia in costruzione, ormai completa.
I lavori si potevano notare anche da lontano per un occhio esperto, le continue luci di segnalazione tra le wanderer li tradiva.
“Sulius, andiamo a controllare i ripetitori? Ho sentito che c'era il numero cinque che sembrava dare dei problemi”.
“Di nuovo? L'abbiamo controllato che sarà stato ieri!”.
“Non so che dire...”.
“Uhm... mi sa che ha qualche problema nella schermatura contro le radiazioni. Che tu sappia c'è stato un aumento nell'attività solare in questi giorni?”.
“I bollettini non segnalavano niente, tutto nella norma, ma se la schermatura è difettosa credo che basti ben poco per mandarlo in tilt”.
La wanderer proseguì la sua navigazione piuttosto velocemente e la colonia si fece sempre più grande sull'oblò principale della W-01 di Surenas; sulla colonia avrebbero potuto, all'evenienza, anche fare rifornimento di propellente in un punto di rifornimento appositamente preparato per i lavori, purtroppo le W-01 non erano in grado di rifornirsi di aria tramite 'bocchettone' come per il propellente, ma questo era un problema piuttosto minore vista la buona autonomia delle wanderer in fatto di aria trasportabile, quelle monoposto arrivavano anche a otto ore.
La stazione d'appoggio distava dalla colonia alcuni chilometri, ma ci voleva piuttosto poco per percorrerli e Surenas era un maestro nello spingere al massimo le wanderer consumando il minimo di propellente al contrario degli operai, che pure le usavano tutti i giorni e che spesso per compiere una manovra attivavano decine di volte i razzi d'assetto anche quando bastavano un paio di attivazioni ben fatte, infatti Surenas in pochissimo tempo fu già in prossimità della colonia e con una piccola, quanto sapiente azione combinata dei razzi d'assetto e del razzo di spinta fece come una richiamata (cosa che fece sorridere Rauch ricordandogli i vecchi tempi) allineando la wanderer con la superficie esterna colonia e continuando la navigazione come se nulla fosse verso il ripetitore mal funzionante.
D'altronde Surenas aveva frequentato (e passato con buoni voti) un corso apposito (aperto ai volontari) di pilotaggio di piccoli mezzi spaziali nella Wehrmacht, corso da cui uscivano quei piloti che poi pilotavano i mezzi, wanderer o piccole navette di collegamento che fossero, su cui saliva il Fhurer.
Non era di certo autodidatta come la maggior parte di quegli operai che non poterono non osservare con un certo sconcerto quella 'richiamata' effettuata da Surenas: per quanto si sforzassero nessuno di loro riusciva a farla così pulita e precisa ed inoltre non riuscivano a capacitarsi di come quel capitano riuscisse a 'richiamare' la wanderer facendola sfrecciare, alla fine della 'richiamata', a pochi metri dalla colonia in mancanza di punti e oggetto di riferimento per la profondità.
Non si capivano se era fortuna, coraggio da vendere o capacità innata.
In realtà era solo l'addestramento d'alto livello impartito al giovane che gli permetteva di trovare riferimenti anche dove gli altri non ne vedevano, permettendogli di sfruttare appieno le caratteristiche della macchina togliendosi anche qualche soddisfazione: “Un conto è tenere in aria un Emil, un altro è pilotarlo” ripeteva spesso Rauch che, pur non vedendo di buon occhio le wanderer, intuiva la soddisfazione di Surenas a pilotarle.
Era stato un pilota anche lui a suo tempo.
La wanderer si avvicinò al ripetitore radio mal funzionante, un paio di tocchi sui comandi ed il mezzo si fermò a pochi metri dal ripetitore.
“Indossa il casco e poi togli la pressurizzazione” ordinò Surenas a Rauch.
Un spia luminosa si accese appena la pressurizzazione cominciò a scendere e quando l'interno della wanderer fu ripulito dell'aria al suo interno un'altra spia, di colore rosso, si accese: ora potevano uscire.
L'oblò venne aperto da Surenas che subito afferrò il gancio posto poco sotto all'entrata in modo da ancorare la wanderer alla colonia, bastava pochissimo, anche solo una leggera spinta, per vedere il mezzo allontanarsi nel vuoto dello spazio.
Rauch dopo un paio di minuti cominciò ad ispezionare il ripetitore, tutto sembrava a posto, tutti i cavi, tutte le protezioni, l'alimentazione elettrica: tutto perfettamente in ordine, fece quindi un segno con le braccia a Surenas per indicargli che non aveva trovato nulla.
Ai due non rimase che tornare sul mezzo.
“Quindi non hai trovato nulla?” domandò Surenas piuttosto spazientito.
“Niente ed ho pure guardato bene!” replicò l'anziano poliziotto, “Sarà meglio mandare una squadra di tecnici specializzati non crede?”.
“Sicuramente... che ne dice? Andiamo a controllare i lavori?”.
“A questo punto...”.
Surenas attivò il razzo di spinta per circa cinque secondi imprimendo alla wanderer una discreta accelerazione che le consentì di arrivare nella zona dei lavori in meno di un minuto.
I messaggi radio degli operai che captarono i due avvicinandosi li lasciò completamente di stucco.
“Brutto pezzo di imbecille! Cosa sarebbe mia moglie?”.
“Una puttana! Ecco cos'è!”.
“Ripetilo se ne hai il coraggio!”.
“Puttana!”.
“Muori sporco comunista! Se ti becco sei finito!”.
“Comunista sarà tua madre! Se hai coraggio esci da quella wanderer e vieni a dirmelo in faccia brutto pezzo di che non sei altro!”.
Surenas stava per intromettersi nella discussione per farla cessare, avvicinandosi si era accorto che a causa di quel litigio i lavori si erano come bloccati, in effetti una delle voci via radio era di un capo-operaio, ma non fece in tempo ad intromettersi che una wanderer accelerò verso un'altra come per colpirla.
Lo spettacolo lo lasciò senza fiato ed arrestò il 'Ball' per osservarlo meglio.
Le due wanderer cominciarono a manovrare velocemente una attorno all'altra colpendosi alle volte con i loro arti meccanici.
Fu un combattimento violento quanto pietoso, i piloti delle due wanderer davano troppa potenza sui comandi finendo, spesse volte, per far roteare le wanderer su se stesse, per poi accelerare improvvisamente e allontanarsi, per poi tornare a fronteggiarsi in un singolare faccia a faccia.
Surenas ebbe come un'intuizione, se al posto di quei due operai ci fossero stati due piloti della Wehrmacht probabilmente quello sarebbe stato un vero e proprio combattimento: vedeva le sue nebulose idee concretizzarsi, nella sua mente si delineò l'immagine di una wanderer antropomorfa armata: “Quello è il futuro” mormorò il capitano dando potenza al razzo di spinta.
Con una veloce manovra si portò di fianco a una delle due wanderer bloccandole l'arto destro con le sue due pinze: una manovra da manuale che fece cessare immediatamente il combattimento (oltre che per il fatto che quel grigio Wehrmacht voleva dire che per i due operai ci sarebbero stati grossi guai).
Alcuni minuti dopo Surenas, Rauch ed i due operai tornarono alla stazione.
I due lavoratori già tremavano alla punizione che Surenas li avrebbe inflitto e come si aspettavano non appena misero piede nell'ambiente pressurizzato Surenas li ordinò di seguirli nel suo ufficio.
Come un'ombra Rauch stava alle costole dei due pronto ad intervenire ad un nuovo accenno di rissa.
“Prego entrate” disse Surenas ai due facendoli cenno di entrare nel suo ufficio, il giovane capitano non sembrava però arrabbiato ed un strana luce gli brillava negli occhi: sembrava felice, cosa che i due operai interpretarono come sottile sadismo nei loro confronti, probabilmente sarebbe stata una dura punizione.
Il giovane capitano si sedette sulla sua poltrona poggiando il casco spaziale sulla sua scrivania, il sorriso sulle sue labbra divenne sempre più marcato.
“Non vi verranno inflitte punizioni ufficiali e farò in modo che quello accaduto oggi non venga alle orecchie di chi di dovere”, i due operai quasi non ci credettero alle parole di Surenas, ma timorosi com'erano pensavano che comunque gli sarebbe capitato qualcosa di brutto, come turni di lavoro extra o simili, “Sia ben chiaro: i danni sulle vostre 'Ball' sono dovuti soltanto ad un incidente procurato dalla vostra imperizia, voglio da voi un rapportto entro domani su come è avvenuto tale incidente e le cause che hanno fatto si che l'incidente si verificasse, inoltre, capo operaio Muspher, come da sua responsabilità, voglio da lei anche una relazione sui miglioramenti da apportare nell'organizzazione del lavoro con le wanderer per evitare che tali incidenti si verifichino in futuro. Grazie, potete andare”.
I due operai uscirono velocemente dalla stanza preoccupati da un eventuale cambio di idea di Surenas, ma Surenas aveva ben altro a cui pensare.
“Perché non li ha puniti?” domandò Rauch piuttosto contrariato.
“Jodel, oggi la storia ha subito una forte accelerata, è appena incominciata una rivoluzione a livello militare pari solo a quella dell'introduzione dell'aereo”.
“Wanderer armate? Mi sembrano un po' fragiline e poco prestanti le 'Ball' per combattere” obbiettò Rauch piuttosto scettico.
“No, non 'Ball', ma mezzi antropomorfi, grossi mezzi antropomorfi in grado di essere usati sulla Terra, mezzi che combinino l'agilità di un fante con la potenza e la corazza di un carro armato e con la velocità di un caccia”.
“Uhm... dubito che mezzi del genere siano fattibili...”.
“Aspetti qualche anno e vedrà, in fondo chi credeva negli aeroplani come mezzo da combattimento agli albori? Beh, lascio a lei la risposta... e ora, se non le dispiace, ho da fare... devo scrivere una lunga relazione tecnica”, Surenas dicendo ciò sorrise a Rauch, il giovane sentiva l'intera responsabilità della futura vittoria del Reich sulle sue spalle.
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« Risposta #7 il: 21 Giugno 2008, 14:17:11 »

'Assaggio iniziale' del capitolo PATTON VS PATTON ovvero RX-78 vs M-60A3

Patton vs Patton

8 dicembre 1986

“Deven, riesci ad avviare il motore?”
Faceva freddo, molto freddo, d'altronde, in pieno inverno, nel nord del Canada, in un disperso poligono di tiro, chiedere sole e caldo era obiettivamente troppo e Deven lo sapeva, ma ciò non toglieva che dovessero avviare quel maledetto motore diesel del Patton A3 a tutti i costi.
Deven provò ancora ad avviare il motore, ma niente: qualche strano rumore e poi moriva di nuovo.
I test avevano già subito diversi ritardi e se se ne fossero accumulati altri avrebbero fatto infuriare i suoi superiore e questi non avrebbero sentito ragioni.
“Vecchio metodo...”, ordinò Deven, immediatamente il cannoniere ed il servente uscirono dal carro per accendere un bel fuoco sotto il motore.
“Certo che siamo messi male!” esclamò il robusto servente uscendo dal carro pensando al metodo che stavano per usare per poter avviare il motore: nonostante oli speciali, riscaldamento carburante e carburante diesel speciali quel giorno non c'era proprio verso d'avviarlo.
Se un addetto alla sicurezza avesse visto cosa stavano per fare probabilmente li avrebbe linciati sul momento.
“Caffè?”, Deven afferrò il termos con la stessa noncuranza con cui il capocarro gliel'aveva passato.
“Grazie Mat, piuttosto... hai visto quell'affare? Secondo te cos'era? Sembrava molto lungo...”.
“Non ne ho la più pallida idea, era tutto coperto dai teloni, appena lo sbarcheranno dal rimorchio forse capiremo... magari un nuovo tipo di carro...”.
“Bah... così lungo? Lo voglio vedere passare in mezzo alle città...”.
Mat sorrise stancamente, ma in realtà pensava ad altro: la sua mano tocco il pacchetto di sigarette che aveva nel taschino della sua tuta da carrista, aveva una voglia matta di fumare, ma a bordo del carro non poteva.
“Di certo deve essere qualcosa di molto segreto... hanno sbarcato dal nostro carro qualsiasi sistema radio a lunga portata e pure il TTS... chissà cos'è, sono sempre più curioso!” esclamò Deven ripassando il termos a Mat.
“A giudicare dal basso numero di scartoffie che ci hanno fatto firmare e dall'alto numero di raccomandazioni che ci hanno fatto direi che è buona cosa parlarne il meno possibile e farci caso il meno possibile...”.
“Dici?” domandò Deven poco convinto.
Mat sospirò profondamente, non aveva tanta voglia di parlare, ma in fondo Deven era un suo amico di lunga data.
“Dico, mi preoccupo di più quando si fanno le cose in modo informale e con poche scartoffie che quando si fanno le cose con molte scartoffie ed in modo formale... tracce, solo di quello si tratta: vogliono lasciare poche tracce. Ma non parliamone, sicuramente ci stanno ascoltando e non gli farà molto piacere se ci poniamo troppe domande” concluse Mat chiudendo gli occhi e lasciandosi andare sul suo seggiolino.
“Vado a controllare cosa combinano” esclamò Deven dopo alcuni secondi di silenzio.
Appena si sporse fuori dal carro sentì un acre odore di legna e benzina bruciata.
“Direi che dovrebbe essere a posto sergente!” urlò il cannoniere vedendo Deven affacciarsi dal carro.
“Ok, salite a bordo allora! Che se no ci fanno la pelle i nostri superiori!”.
Appena tutti furono tornati a bordo Mat avvertì che erano pronti a cominciare, di sottofondo il ronzio del motore diesel che si propagava per tutto il vano equipaggio del MBT: ora funzionava come poche volte aveva fatto in vita sua.
-Qui Papa Bear a Mike Six Zero, pronti a muovervi tra due minuti. Ricapitoliamo: la prima prova consisterà in un test di velocità su terreno sconnesso da dove vi trovate fino alla posizione HJ JM 43, subito dopo effettuerete una prova di fuoco in condizioni operative con simulazione di manovre offensive contro bersagli nel poligono di tiro n°3, la terza e ultima prova consisterà nel ritornare da dove siete partiti passando per la strada sulle colline a ovest del poligono. Tutto chiaro Mike Six Zero?-
-Affermativo Papa Bear, pronti a muoverci-
“Tenente Mat! Contro cosa dobbiamo effettuare questo test comparativo?” domandò il servente.
“Non lo so e non è un nostro problema, caporale Wilson. Dobbiamo solo dare il meglio di noi, solo questo, quindi massima concentrazione e niente errori mi raccomando! Fate come abbiamo sempre fatto!” ordinò Mat deciso, non gli andava di certo di fare brutta figura e poi quella poteva essere una buona opportunità per mettersi in luce ed essere trasferiti ad una unità dotata dei nuovi Abrams, magari di quelli nella nuovissima versione M1A2 in produzione da quell'anno.
Comunque sia a Mat che a Deven non sfuggiva la stranezza di quel test: perché comparare un nuovo mezzo con un oramai sorpassato Patton, quando erano disponibili i nuovi Abrams? Evidentemente, pensava Mat, c'era stato qualche problema col 'nuovo mezzo' e a compararlo con il nuovo MBT avrebbe perso sicuramente, motivo per il quale c'erano state 'pressioni' per testarlo operativamente con un Patton.
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