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Zanskar: un regno fra i ghiacci

Mercoledì 17 Settembre 2008 at 7:12 pm
 
Magari pensavate che il nome Zanskar (o Zanscare), l'Impero che fa da sfondo a "Victory Gundam", fosse un nome inventato...
Sbagliato. Esiste veramente una nazione che si chiama così.

Ed è un piccolo (per ora? ... secondo "Victory Gundam" le cose cambieranno...) regno himalayano a forte connotazione spirituale. Anche l'Impero di Zanskar in "Victory" lo è: basta pensare alla regina Maria Pia Armonia o alla sua graziosa figlia (altri della futura dinastia magari sono un po' meno spirituali, ma non consideriamo queste ... eccezioni ^_^ )

Eccovi un breve articolo che descrive il vero regno di Zanskar, qui sulla nostra Terra.

 
 
Articolo di Cristiana di San Marzano. Tratto da “A (Anna)” nr. 21 – 25 maggio 2006

Il palazzo di fango del re delle nevi

Questa è la storia di un re e di una regina. E di un regno dimenticato nel cuore dell’Himalaya.
Un regno tra terra e nuvole, protetto come un segreto da un impenetrabile abbraccio di neve. Nessuno può entrare, nel regno di Zanskar. Nessuno di noi, che stiamo al di qua delle mura di ghiaccio. Finchè il sole estivo, lassù a 3550 metri di altezza, non vince il gelo e apre un varco, sgombrando la via per la valle perduta. Per quattro mesi, quattro soltanto, come negli incantesimi delle fate madrine. Poi il regno torna all’oblio dell’inverno. Sembra una favola. Ma ascoltate.
Un giorno il re e la regina decidono di volare via e raccontare il loro mondo a noi, popolo “ad di qua” della cortina di neve. Hanno ricevuto un invito a Milano, dall’associazione culturale Amitaba. E’ un giorno di maggio, e loro camminano nella metropoli.
Lui, il re (Gyalpo, lo chiamano) Nima Namgyal Dy, ha la tunica. Lei, la regina Padma Lhamo, uno strano mantello e gioielli bellissimi. Una collana di perle che termina con un porta reliquie di corallo e turchesi. E di turchesi è il curioso, pesantissimo copricapo. Attraversano la frenesia della città con calma zen, il sorriso perenne sulle faccie scolpite.

L’incontro è una scoperta.
Ti spiegano che nello Zanskar, la regione più remota dell’Himalaya indiano, arrivi da Leh, capitale del Ladakh, per una sterrata di oltre 200 chilometri. Sfiorando immensi ghiacciai che scendono da vette di 7000 metri. Attraversando valli coperte da milioni di stelle alpine. Facendo sosta nei tranquilli monasteri tibetani inerpicati sulle montagne. Un mondo di pace che ha una tradizione buddista sorprendentemente antica.
“Il nostro regno è stato nei secoli il luogo di ritiro ideale per i mistici provenienti dal Kashmir e dal resto dell’India”, spiega il re.
La famiglia reale, re, regina e i cinque figli, vive nel villaggio di Zangla. Hanno un castello su una rocca che sovrasta il paese. Però non è abitabile. Troppo antico, pericolante. E così si adattano, in una casa con le pareti esterne di fango, a tre piani. In basso le stalle con una ventina di animali, cavalli, asini, mucche. Più in alto, accanto alla cucina che è anche soggiorno, la stanza della regina. Sopra, le camere dei figli e il tempio per i maestri spirituali di passaggio.


Una dinastia di straccioni? Errore. “Le nostre origini risalgono all’ottavo secolo dopo Cristo, al lignaggio di un grande re che portò il buddismo nel Tibet”. Un albero genealogico da fare invidia a tante famiglie regnanti della vecchia Europa.
Forte del suo carisma, il re è un personaggio rispettato e autorevole. A lui si rivolgono i diecimila abitanti della regione per ogni disputa. Qui non contano carte bollate, sentenze, giudici, è lui che decide chi ha ragione. Furti di animali, discussioni sulla dote delle ragazze, problemi di confini di pascolo: “Devo essere molto attento e preciso, perché so che poi il mio parere è determinante”.
Il Gyalpo da ragazzo ha studiato a Benares, all’università di Scienze Politiche. Sarebbe potuto restare lì, invece è voluto tornare nelle sue terre. In questi anni con le sue battaglie è riuscito a ottenere una strada – prima nello Zanskar si arrivava solo a cavallo per sentieri impervi – e scuole per i bambini. Ma il fiore all’occhiello è l’ambulatorio medico, dove è la regina che coordina i soccorsi. Padma Lhamo è la seconda moglie, la prima non poteva avere figli e il re fu costretto a ripudiarla.

Nel regno si parla ancora delle loro nozze, celebrate secondo le antiche usanze. “Sono stati tre mesi di feste, visite delle rispettive famiglie, balli, danze, e bevute, e interi villaggi mobilitati”, ricorda la regina. E poi lei che a mezzanotte esce dalla casa del padre lungo una strada illuminata coi ceri e danzando arriva fra le braccia dello sposo.
Obblighi di corte? Re e regina presenziano alle cerimonie di buon auspicio per la semina e il raccolto. Ma non è solo da questo che nasce la devozione del popolo. L’unicità dei sovrani è nella loro dura vita quotidiana. “Da noi non c’è luce ne’ telefono. I contadini coltivano piselli e tsampa, l’orzo tibetano. Non ci sono alberi, e quindi non c’è legna per scaldarsi nel rigido inverno, nei camini si brucia lo sterco degli animali”. Eppure ciò non toglie la serenità alla gente. E non è merito solo della fede. Ma anche di questo re e di questa regina che condividono un’esistenza estrema.
Anche il viaggio per l’Italia è stato avventuroso. La via per Leh era chiusa. “Volevamo arrivarci a piedi. Sono quattro giorni di cammino sul ghiaccio del fiume, la notte si dorme nelle grotte. Ma ora c’è il disgelo e si affonda nel fango”, racconta la regina. Hanno atteso un elicottero militare per 23 giorni. Tranquilli, sgranando rosari buddisti, macinando mantra.

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